Venerdì
sera, nel sempre elegante scenario del teatro Traetta, risuonavano
alcune voci.
Non
voci qualsiasi, bensì di sbandati.
Quella
del Sergente Romano di Gioia del Colle, di Carmine Crocco di Rionero
in Vulture, di Rocco Chirichigno di Montescaglioso, e tante altre.
Già,
ma perché erano voci sbandate? Perché erano poveracci, manovali e
piccoli artigiani che, quasi senza accorgersene, finivano fuorilegge
nell’imbracciare un fucile tra le quercete della Puglia, le steppe
delle Murge, nel Salento, in Lucania, in tutto il Sud.
Nonché
voci di uomini coraggiosi, che si sono opposti all’Unità d’Italia. A
quella Unità d’Italia, che è stata imposta al Mezzogiorno. Subita
dal Mezzogiorno. Fatta con il sangue del Mezzogiorno e dei
meridionali.
Non è
un caso, allora, che “Voci sbandate”, lo spettacolo curato
da Marco Cardetta e Roberto Salahaddin Re David, è stato una “Spoon
River” di voci del Sud disperse nel tempo. E di scontenti che
nei loro diversi desideri, nei loro lamenti, nelle loro richieste e
necessità, volevano tornare al riscatto, alla libertà, e togliersi
le catene dalla povertà.
È
anche una (contro)storia, allora, (tutto molto curato, sia
l’interpretrazione di Cardetta, al quale erano affidate le “voci”,
sia le musiche di Re David) di quello che è effettivamente stata
l’unificazione nazionale.
Ma che
nessuno ci verrà mai a raccontare…