Il “sulfureo Tanino Avena” di Pierfrancesco Uva non è certamente nelle pagine intense di “LE EPIFANIE CAREZZEVOLI DELLA NATURA” ove “vele di stelle /spingono il Canto /verso un po’ d’Amore, /che i Versi imbavaglia /in una sbigottita pagina /bianca. Quando il vento /l’alba ritrova, entusiasta, /la depone nel Cuore / di una finestra aperta“.
Infatti, considerando la mesta confessione iniziale: “nella solitudine sono il RE riverito dai miei Fantasmi“, non si può rifiutare l’invito a sintonizzarsi empaticamente col ” ‘tempo’ delle viti… e dell’uva…e delle foglie autunnali“!
Perché ogni poesia è contesto e linguaggio di uno stato d’animo, di una visione, di un mondo, in cui Tanino si e ci immerge con sempre più esplicite e suggestive scansioni.
Ed ecco il crescendo delle immagini che fa presagire “dalle finestre”: la Luna, le acque d’un lago, lo scolorire della notte e la Maraviglia del sole…
Sì, Tanino descrive e indirizza lo sguardo del lettore nella successione delle inquadrature, che NON puoi cogliere perché la sua penna, nell’apprestarsi alla nuova fatica poetica, deve indirizzare la lettura, la visione, il significato del panorama che evoca!
Si pensi, ad esempio, ai cinque, incalzanti “RAMMENTO” che dispiega nell’ordinata successione delle ‘rivelazioni’: i nidi, le primavere, la Nostalgia, le rose, la Malinconia, ove sono confuse insieme le consistenze naturali e i sentimenti che ispirano, in una “regia” attenta ed esigente, da cui il lettore NON deve evadere.
‘Operazione’ che Tanino dirige ancora con “IL VENTO SI RIDESTA”, causa ed effetto incalzante di una forza che si dilegua, che ritorna, che provoca gorghi del mare, che dissemina ricordi… Il Poeta descrive e, ecco il punto, suggerisce quella che altrove definisce “Intuizione Solenne /dell’Eterno”, con quella ‘teologica’ postilla della distinzione tra Eterno e Dio!
E poi “A MIA MADRE”! Una poesia a sé. In cui l’ “oggetto” non è nel sogno o nel desiderio d’una Natura complice ed evocativa, MA nel ricordo lacerante d’un vissuto, d’un passato “nel mio fantasticare la raggelante /immagine tua“…Una “convivenza” e un “indifferente ramo”…che non fu “Conforto delle sconfitte di tuo Figlio”!…e aggiunge, con uno strazio che mi commuove,”i tuoi sguardi,,, non si può dire che essi… assomigliassero all’Amore di una Madre”.
Qui ,ora, si deve tacere a fronte di quel “velo nero, ov’è stampato il tuo compatto, chiuso silenzio”… a fronte di quell’Urna che fa da mesto e drastico sigillo alle sequenze incalzanti dell’ultima, notevolissima fatica d’una Poesia, che narra d’un mondo sognato e tutto d’un tratto, narra di Sé.