L’amore è la parziale rinuncia della propria persona mediante la conoscenza di sé nell’incontro con l’altro, in modo tale da formare (dopo varie levigature ) un intero perfetto. Ciascuno per realizzarsi ha diritto alla negazione di se stesso come soggetto falsamente invincibile e realmente solo a favore del misterioso intero.
“L’argomento” prende le sue mosse dall’antichità, tempo in cui la donna doveva essere assoggettata e schiavizzata dall’uomo, padrone supremo del focolare domestico, utilizzata in senso fisico e psicologico per poi essere condotta alla rinuncia parziale e quindi alla schiavitù perpetua o alla rinuncia totale del proprio ego e quindi alla morte.
Alcune volte mi sembra di revisionare in televisione alcune immagini che ricordano la mia persona, con la poca vista che mi rimane, strofino il sangue e la polvere dai vestiti, mi ha picchiata ancora una volta.
Sento nella notte, a vuoto, lo squillo del telefono che incessantemente tampona la patina stagnata al centro del cervello, infreddolito dal gelo invernale. È proprio di notte, quando mi ritrovo sola, che ascolto i battiti del mio cuore, rallentando man mano mi danno l’impressione di morire.
Vorrei nascondermi dal mio predatore, colonizzatore del mio corpo, possessore. Prendendo coraggio ho cercato alcune notizie sul web riguardo “l’argomento”, sono quelle poche righe sintetizzate su, non ho il coraggio di andare avanti. Lo chiamo “argomento” perché non riesco ad attribuirgli il suo nome nonostante mi martelli la testa, equivarrebbe a chiamare un determinato cane ‘Lessie’ o una determinata uscita ‘appuntamento’. Ricordo il nostro primo, sarò scontata come tutte le altre, ma allo stesso modo come tutte le altre insisto sul voler considerare unica la mia storia piuttosto che parte di una lunga statistica su “l’argomento. È appunto questo il motivo per cui non sarebbe possibile rivelarmi, sarei un tipo umano sul livello ventitreesimo accostato a mille altri tipi che la storia ci insegna essere sempre uguali a se stessi, io voglio essere unica. Mi ritornò in mente l’avermi attribuito la colpa per i primi tempi, ero come in amnesia. Ricordavo di essere il suo problema non sua moglie, gli avevo fatto perdere io il posto di lavoro, non la sua disonestà, forse mi martoriava perché non mi comportavo sufficientemente bene come egli avrebbe voluto, l’avevamo sognato insieme di costruire una famiglia anti-perfetta rispetto ai film ma perfetta nella nostra dimensione il cui unico retrogusto era quello della genuinità di un’arancia.
Ricordavo come mi fossi votata peggio di una suora di fronte alla sua fiducia, il saio costellato delle sue abitudini positive che sarebbero diventati i nostri valori e il velo collage del mio destino, composto proprio da quei valori. Prima di varcare la soglia della votazione avevo ricercato le caratteristiche del mio amore ideale in molti, le convinzioni nella testa e le tematiche afflitte delle mie poesie fornivano tutte come risultato la ricerca di un gaudio molteplice nel quale la commozione intellettuale e gli abbandoni del sentimento si compensavano perfettamente con gli impeti della brutalità. Alla fine è rimasta solo quella, la brutalità di un animale che cerca la sua preda da ridurre a brandelli, di un gruppo terroristico a cui bloccare l’avanzata da parte di una mente geniale che studia a tavolino tutti i minimi passaggi della sua vita, ponendoli in successione cronologica nei diversi vani della giornata proprio come un architetto con la sua planimetria. Ho provato a cercare la causa, è evidente che quest’ultima non ci sia, poi a costruirmi di cemento, è crollato a seguito delle intemperie. So che ti abbatterò ma devo prima catabolizzare il tradimento, la mia idea era quella di vivere da eroe, peccato non aver considerato che questo potere magico dura solo per un giorno.