Settembre. Le Olimpiadi sono appena terminate ma Rio de Janeiro è già pronta per
inaugurare le Paralimpiadi.
Gli spalti del Maracana sono occupati da milioni di
spettatori che si godono la cerimonia d’apertura e attendono il momento, quasi
sacro, dell’accensione del braciere.
Tra le ultime tedofore c’è Marcia Marsal che con la sua torcia olimpica sfila nello stadio
brasiliano. Il suo passo incerto risente della pioggia e dell’emozione e l’ex
atleta cade, lasciando scivolare la sua fiaccola.
Pronti ad aiutarla, però, ci sono due angeli. Due stage
manager che subito si catapultano nel campo per soccorrerla e consentirle di
riprendere il cammino.
Uno dei due è il bitontino
Remo Infante.
Il suo gesto ha commosso il mondo e non è stato
certamente dimenticato.
L’ambasciata
brasiliana a Roma ha invitato proprio lui e i giovani italiani appartenenti
al programma per volontari dei Giochi Olimpici di Rio 2016 a Palazzo Pamphilj
per un concerto in onore dei 100 anni
della Samba.
Ad inizio serata, Infante si è rivolto all’ambasciatore Ricardo Neiva Tavares e al pubblico
presente con alcune parole di ringraziamento. Una vera dichiarazione d’amore
nei confronti di Rio e dell’intero Brasile.
«L’episodio
per il quale sono stato invitato qui è accaduto esattamente l’ultima mia notte
a Rio, dopo circa 4 mesi – ha dichiarato Infante -. Quattro mesi di lavoro intenso durante i
quali sono stato fortemente sostenuto dalla mia famiglia, dai miei colleghi, ma
anche e soprattutto dalla vostra splendida nazione. Il Brasile è un luogo
straordinario e lì un’ambasciata meravigliosa mi ha accolto calorosamente. Ho
amato Rio come se fosse stata casa mia. Ho amato i suoi colori, la sua gente, i
rumori, le sorprese, le sue complessità e anche tutte le sue contraddizioni. Ma
più di ogni cosa, quello che mi ha sorpreso è stata la forza di questa terra e
la capacità che ha di sostenersi, nonostante tutte le difficoltà che evidentemente
la contraddistinguono».
«Quando
riguardo la scena di quella sera – continua –, ricordo tutti i mesi di fatica e di lavoro
spesi, ma in quella stessa immagine vedo anche la forza di una donna, di una
campionessa nella vita, che rappresenta in quel momento tutto l’eroismo della
sua terra, capace di rialzarsi dalle condizioni peggiori e di fare di questo
gesto una celebrazione appassionata di sé davanti al mondo intero».
«Ho
imparato tanto a Rio, anche un po’ di portoghese. La particolarità di questa
lingua, che mi ha appassionato da subito, è il modo di dire “noi” e “tutti
quanti”. In portoghese/brasiliano, “noi” si dice “a gente” (la gente) e “tutti
quanti” si dice “todo o mundo”, come per dare un senso di aggregazione,
ospitalità. Per questo motivo non mi sono mai sentito estraneo. Per cui, “muito obrigado”».