Ma
com’è, come dev’essere l’arbitro di calcio, al giorno d’oggi?
Può
avere ancora sguardo acuto e largo sorriso come Fabio Natilla, pur mo’ sbarcato nel magico e impervio mondo della
Lega Pro?
Quest’uomo
che calca il prato sotto mille torvi occhi sospettosi, un tempo aveva ed era la
giacchetta nera, oggi veste casacche variopinte e sente di essere assediato
dalla tecnologia.
Così,
non basta sapere che la parola “arbitro” derivi da un verbo latino che
significa “pensare, giudicare, decidere”, esattamente le tre operazioni che costui che
incarna la legge in campo deve inverare nel rovinio d’attimi cruciali che è
l’ora e mezza che conta.
Ci
vuole altro. Preparazione maniacale, passione antica e grinta invitta, per
esempio. Dev’essere proprio come Fabio.
Egli
ha frequentato il pallone dall’altra parte della barricata, che adesso deve
osservare con occhio professionale: “Ero
centrale nella juniores del Bitonto, poi, siccome non accetto torti e
ingiustizie, con un compagno di classe andai alla sezione di Molfetta dove conobbi Antonio De Leo e quello che sarebbe diventato il nostro preparatore
atletico Rosario Carlucci”.
Gli
stadi, spesso, appaiono come templi profani d’ogni liceità, dove tutto è
possibile, massime il dileggio per la terna, che ora non si sa più di quante
persone è formata, specie nei quartieri alti.
Figuriamoci
nei fazzoletti di deserto polverosi ove si combattono battaglie sanguinose e
memorabili: “Certo, alcuni campi nelle
categorie inferiori non sono tranquillissimi, ma io personalmente non ho mai
subito aggressioni, solo dopo qualche gara infuocata sono stato scortato dalla
polizia, però a mero scopo precauzionale”, ci rassicura l’olimpico
direttore di gara.
L’essere
stato pedatore ti dà qualche vantaggio nell’interpretazione delle fasi di gioco
più delicate? “Oggigiorno – osserva
–, è importante conoscere moduli tattici
e le tecniche dei calciatori. Abbiamo a disposizione siti e piattaforme su cui
informarci a dovere. Io prediligo il dialogo, le spiegazioni e il confronto e
mi piace cogliere le piccole sottigliezze, le invisibili furbizie, che i
giocatori mettono in atto, capendone le ragioni, faccio molta azione preventiva”.
Dunque,
sono nove anni che Natilla – chiariamo, il cognome non suggerisce alcuna
parentela con Franco, icona
indiscussa degli arbitri pugliesi, che pure lo stima moltissimo – fa rispettare
le regole dai ventidue signori in mutande: due in sezione, poi Cra, Cai e Can
D, fino alla promozione di questa stagione. Con un intoppo brutto, che
rischiava di essere doloroso. Geometra essendo, su un cantiere edile subì un
infortunio, che lo appiedò per qualche mese.
Al
rientro, gli organi dirigenti lo destinarono a dirimere un acceso
Fermana-Sambenedettese e si capì che c’era grande fiducia nelle doti del
giovane arbitro bitontino. Che, al primo turno di Coppa Italia, già è stato
impiegato come quarto uomo in Foggia-Pontedera: “Importantissimo per cominciare a capirci qualcosa”, sottolinea Fabio,
pronto a zifolare, ne siamo certi, fra gli angeli miliardari dell’Empireo
pallonaro…