Siamo agli sgoccioli.
Anche
questa estate è volata via e per alcuni
fare un resoconto positivo risulta
essere alquanto faticoso.
Questo perché l’estate non è trascorsa per tutti con
la solita spensieratezza, ma è stata vessata
dall’impotenza dinanzi all’inesorabile fluire del tempo.
Quello stesso tempo
estivo che, anni addietro, sembrava interminabile, quest’anno è stato scandito
da quotidiani tormenti ed è trascorso tanto velocemente da non poter parlare
di vacanza.
Appena giunti nella piccola casa della località balneare salentina è
subentrata una situazione di stallo sfociata nella totale apatia che ha
determinato lo spreco di interi giorni passati in cameretta a rimuginare su possibili progetti senza
seguito.
E la sera, lì, al solito pub in quella sperduta località tra risate e discorsi astratti con gente che da un anno all’altro sembra non
cambiare mai o talvolta essere tutt’altro rispetto all’idea che ci si è fatta
precedentemente, inizia la Vita.
Lì sembrano tutti felici, pienamente
realizzati, nonostante la giovane età; tutti sembrano ostentare una certa
sicurezza nell’affermare di cosa si occupano e tutti sembrano avere certezze
future.
Ma in quel pub, tutto questo, non fa altro che alimentare gli innumerevoli
dubbi e le infinite debolezze.
E il tedio sale, cresce quella sensazione di vuoto incolmabile
in cui forse si vive costantemente spesso senza esserne coscienti ma che in
vacanza assume un’altra dimensione.
Non è invidia per la sorte altrui, ma è rabbia per non saper capire su quale strada dirigere la propria
vita. E i pensieri diventano scogli insormontabili dietro i quali
verosimilmente si cela la verità.
Così tutte le certezze iniziano a disgregarsi
come castelli di sabbia che in riva al mare vengono abbattuti dalle onde. Ci si
sente sconosciuti a se stessi, due vite in un solo corpo.
Fatto sta che sembra impossibile assecondare
la volontà, affermarsi su di essa e incominciare un percorso di vita in sua
compagnia.
E all’improvviso nello stesso pub i volti si mascherano di un’apparente
felicità nascondendo sé stessi e i propri limiti.
E’ a questa instabile e a volte frivola compagnia che ci
si affida, fin quando a notte inoltrata, ormai stanchi e inebriati dall’alcool, si ritorna nella stessa cameretta ad ascoltare una vocina che urla da dentro tante domande.
Nulla ha più senso a questo punto.
E’ un concatenarsi di ansie.
Si impara a
proprie spese che la notte non porta consiglio, anzi!
Un nuovo giorno incombe
ma non si sa quale sia di preciso e, lì, all’angolo più estremo del letto,
giace, in tutta la sua enorme mole, il libro che dovrebbe indirizzare verso la
strada che si pensa di aver scelto.
E il
tempo stringe.
Si rimpiangono le
sicurezze della scuola appena finita: un luogo, un tempo, compagni di avventura o di sventura, docenti,
saldi punti di riferimento.
Gli alibi
non acquietano l’animo.
E la coscienza è
un enorme buco nero come le grotte che a destra e a sinistra di Capo di
Leuca neppure il sole più accecante riesce
ad illuminare.
Si possono vedere solo dal mare con l’aiuto di una guida che con
il suo traghetto si spinge fino al limite e invita a esplorare a nuoto nel
punto in cui i mari Ionio e Adriatico si incontrano.
Ma in quella cameretta si è soli, si tratta di scegliere in un luogo che, alla
faccia del dissidio interiore, infonde tanta tranquillità, dove il sole, che
non tradisce mai, fa crescere rigogliose le piante di fichi d’india e brucia la
rossa terra, dove i venti (ne soffiano sei diversi) portano via tutti i pensieri.