“In illo tempore” i neonati passavano, direttamente, dal ventre materno (per carità, intima il catechismo dei farisei, si traduca: “… benedictus fructus ventris tui” in Lingua Italiana: “…benedetto il frutto del tuo seno”, altrimenti, l’innocenza dei pargoli verrebbe destabilizzata, turbata, se sapessero essi, ma già l’hanno, ognora, saputo o l’hanno intuito, se venissero a conoscenza che tutti si nasce da un pancione, ove per 9 mesi cresciamo e sviluppiamo gli organi necessari alla nostra sopravvivenza nel mondo e che, anche, gesù, se, “vraiment”, è stato nella Storia, come tutti gli “animalia”, è nato da un pancione di femmina inseminato dallo sperma educato da un genitale di maschio e non dallo spirito santo) alla “neuc” (culla a mo’ di nave), movimentata, spesso, dai fratellini, “antea” nati che, spesso, o per disattenzione o per protesta nei confronti della matriarca, sadica autrice della loro crocifissione, quasi “sine die”, in quella mansione o ingrata missione, ad essa davano un insolito, dispettoso strattone sì che la creatura dormiente, tra urla e strepiti suoi e della puerpera sua, rotolava, pesantemente, a terra.”In illo tempore” pochi neonati avrebbero potuto beneficiare di un giretto in carrozzina, il cui traino non poteva non essere affidato all’energia cinetica materna, ché quella paterna doveva servire per ben altre mascoline incombenze della “sacra famiglia”, unta da un delegato, dal “signore” riconosciuto, e ad esso iniziato.
Neanche sotto tortura, il maschio padre “d’antan” si sarebbe esposto “coram populo” con il bimbo o la bimba “a tracolla” (come un maschietto che in questi giorni s’è postato su “facebook”, per far a tutti intendere che ogni cosa ha pensato, penserà, ha fatto, farà col metro, il buon senso, l’equilibrio del “buon padre di famiglia”), con il bimbo o la bimba, affettuosamente, tra le sue braccia; intento, gloriosamente, a spingere il veicolo per “infantolati” attraverso le strade più accorsate di un qualsiasi “borgo”. “Contra”, lasciti incontrovertibili, irrevocabili del ’68 del secolo scorso, della serie: la montagna che partorì il topolino; quale razza di esiti rivoluzionari esso ha prodotto, oltre al papy che lava i piatti; scacca il pargolino/a; inoltra la pappa nelle loro bocche negazioniste, mentre la mamy si concede, con altre mamy della medesima stazza cranica, orette di “relax” in gazebo, allegati ai bar, tra fumi di sigarette e di espressini, il papy, “temporibus, moribus gratus” di avergli permesso di “visibilizzare” la sua virilità sessuale (per carità, non quella Umana, non quella Culturale, non quella Politica, “quae Viris Sunt, non hominibus”), tanto appetita, stimata nel branco dei tori, con il portare in giro la carrozzina, del parto della mamy onusta, andandosene senza meta per la città. A dire il vero, oggi, oltre al papy del bambolino/a, c’è il nonno di esso/a che ambisce a far sapere a tutti di essere stato capace di procreare e che il da lui procreato, a sua volta, ha procreato l’oggettino che egli, scarrozzandolo, mostra ai curiosi, quale inimitabile, inarrivabile trofeo. E sì l’oggettino!
Lo si mostra, anche, in luoghi e situazioni di caratura istituzionale: casini, ad esempio, dopo essere stato eletto presidente della camera dei deputati, si levò dal suo scranno e si recò sulle tribune, al pubblico riservate, per condividere con la figlia l’alto onore; cosi malagò, presidente del “Coni” si offerse al tubo catodico; la raggi, ha fatto di più: ha portato con sé il figliolo sulla cattedra sindacale di roma, ché tutti constatassero cosa era stata capace di creare, preludio, secondo lei, a ciò che avrebbe creato da sindaca; bossi, il più familista dei politici italiettini in commercio, pretese che le televisioni, accreditate a “Montecitorio”, riprendessero i due, allora adolescenti, figli maschi in una seduta della camera dei deputati, chiamati a votare la fiducia a uno dei governi berlusconiani, di cui egli con il suo eloquio da scaricatore di porto faceva parte. Non parliamo, poi, dei calciatori che, prima delle partite di risonanza internazionale, si presentano sui campi di gioco, ché le televisioni li eternino, con i putti/e in braccio, a stigmatizzare la duplice efficienza, a letto e sul tappeto verde.
Qualche anno fa ero seduto davanti ad un lato dell’ ingresso di un Nobile Esercizio Commerciale, dall’altro lato era, pure, seduto il Padre, non più tra coloro che, inutilmente, sono, del Titolare dell’Esercizio, di cui dianzi ho detto, quando vedo entrare in Esso un individuo, la cui testa era, è (a meno che qualche letale evento patologico non l’abbia stroncato) “simillima” a un mascherone di fontana (l’avrebbe qualificata una mia zia, da tempo, sotto i cipressi, alti e schietti), che, senza chiedere il canonico permesso a due Signori di poter transitare in mezzo a Loro con il veicolo, in cui sonnecchiava il suo bebè; senza dar seguito all’ “input”, che sortisce dalla buona educazione, se si è ricevuta, del Saluto ad Essi, entrò ed uscì dal Luogo “Cult”, ostentando a ME e al mio Amico non solo quella fascistica goffaggine che veste i contenitori di sperma, quando, per caso, o per i difetti insiti nell’idea e nella prassi della democrazia, si trovano nell'”entourage” del potere, quale che sia l’importanza, lo spessore di esso, ma anche del maschio e della femmina di oggi che, quando si fanno padre e madre, regrediscono al livello di “animalia”, bandendo la Razionalità non solo dai rapporti con il loro “figliume”, “sed” dai rapporti con la società intera. Mentre codesto essere vivente, cioè, unicamente, “animal”, che, facilmente, era diventato padre, si allontanava, MI Chiedevo se, altrettanto facilmente, sarebbe Diventato un Padre in grado di Fornire al figlio REGOLE e “NO” che, a Dirla con Paolo Crepet, “sono come i paracarri ai lati delle strade: sono punti di riferimento che non debbono cambiare posizione, che non possono decidere di esserci e non esserci”. Ancora, con Aldous Huxley Ritenevo e Ritengo che ad ogni generazione bisognerebbe dare Genitori Migliori per Edificare un Mondo Migliore. Inoltre, non MI potevo sottrarre alla pena, che Sentivo indicibile, immedicabile, per il piccolo di costui, che nell’età adulta avrebbe percorso il medesimo viatico di regressione all’animalità “sine ratione” del padre. Qualcuno potrebbe PregarMI, a questo punto del mio Argomentare, di SpiegarMI meglio, avendo IO, ripetutamente, fatto cenno al tragico ritorno, temo non temporaneo, dei genitorucoli di oggi a cambiamenti, affetti, stati d’animo tipici di uno stadio, di gran lunga, meno maturo dello sviluppo psichico, per cui da parte di essi si originano comportamenti, atteggiamenti particolari, precipui degli animali che agiscono secondo l’istinto, ma maldestri, inetti, inadeguati, ché senza Pensiero, a Stabilire Rapporti e Connessioni Logiche tra le Idee, Connessioni alla base del Conoscere e dell’Agire, appunto, razionalmente. All’ eventuale qualcuno potrei Rispondere, invitandolo, appena gli capiterà l’occasione, ad osservare bene la “facies”, atteggiata a gelosa, feroce aggressività, dei genitorucoli di oggi, specialmente, quella del papy, che è tipica dei leoni, delle tigri, delle pantere, ecc., ecc., ecc., insomma, della fauna della giungla, delle foreste non proprio raccomandabile per invitarla a sorbire in comunella un tè. Come codesta fauna, pronta a qualsiasi esiziale reazione ostile nei confronti di altro animale, dal cranio più o meno sviluppato, se dovesse temere da esso un pericolo per i suoi cuccioli in sua inderogabile custodia, così i genitorucoli, di cui sopra ho geremidiato, sarebbero pronti a tirare fuori tutta la criminale violenza piccolo -borghese, da cui non solo la società italiettina è infettata, se dovessero intuire, ma, anche, immaginare i loro cuccioli esposti ad una insidia imminente o futuribile. Dolce, piena di premure, di baci e abbracci, quasi leonini, finché ciò che si formò, anche, per colpa di un inconsapevole moto di libidine, di lussuria, non sia in grado di dimenarsi, di districarsi in qualsiasi mondana foresta tra belve dal cranio più o meno sviluppato, come ho testé detto, poi, la fauna genitoriale della foresta, della giungla, del villaggio, del borgo, della città abbandona al proprio destino (pronta, comunque, a giustificare i suoi marmocchi, persino, quando, diventati adolescenti, giovani adulti bamboccioni, incorrono in reati di rilevante gravità) la produzione dei suoi genitali, che nel frattempo ha sviluppato, tra l’altro non completamente, solo la fisicità della particolare specie, cui appartiene. E, come nei nostri meandri urbani, di notte, si vedono, con immensa pietà, dolore, cani, gatti, randagi in cerca, forse, di cibo, ma chi potrebbe dirlo, di un rifugio, di una tana, di una cuccia, così, oggi, di notte, ecco, torme, branchi, ciurme di ragazzini, di adolescenti, di giovani “randagiare” da una discoteca all’altra, da un pub all’altro nell’illusione di trovare alla fine di questa folle movida (della cui sponsorizzazione nel centro storico del cardoniano “borgo selvaggio” bitontino, il primo condòmino di esso mena vanto, per essere stata, per essere incremento, “a truc” di posti di lavoro. Il non dimenticato, mai realizzato, belusconiano milione di posti di lavoro “docet”!) quel qualcosa d’indefinito che possa colmare il vuoto della loro anima, della loro mente, della loro vita. E i genitorucoli ? Quelli dormono, da anni hanno esaurito il loro compito: hanno insegnato a deambulare i loro figli; hanno riempito il loro cranio di pregiudizi; hanno assegnato il ruolo che loro compete, tenendo conto del sesso che la Natura ha loro tributato; li hanno resi non partigiani della Verità, “sed” disponibili a qualsiasi tendenza, conformismo sottoculturale prenda il sopravvento nel tempo che a loro è dato vivere. Quindi: “andate e inabissatevi”, non come le rondini che ai loro nati impongono: “volate per l’universo”. Quelli hanno nascosto, nascondono la loro cambronnata ignoranza, la loro carente autorevolezza (da “augeo”, capacità di far crescere), pur orpellata di reboanti greche accademiche, dietro il “permissivismo pedagogico”, “tamen”, rinnegato dai pedagogisti dei paesi anglosassoni, più avveduti dei danni che siffatto feticcio educativo ha in essi causato; hanno fatto, fanno finta di non concepire neppure i rischi che sui loro figli incombono, come spade di damocle, auspicando per loro momenti di divertimento senza soluzione di continuità (sono ragazzi, si autoconsolano, se non si divertono alla loro età, quando potrebbero farlo ? Stolti: l’adolescenza, la giovinezza è la stagione delle Esistenze formiche, che Accumulano Scienza, Coscienza, Esperienze, responsabilmente, Orientate al loro Bene, alla loro Maturità, alla loro Felicità, non delle esistenze cicale, che disperdono nel degrado dell’insidioso far niente l’alea di un futuro positivo) e quel divertimento per il divertimento, non rare volte, è foriero di ineffabile, inconsolabile dolore, a cui si aggiunge il rimorso di non aver pronunciato, perentoriamente, quel monosillabo.”NO”, di cui i giovani devono avere contezza.
Stiamo allevando una generazione di alcolizzati, di drogati, di ignoranti, di idioti. No! Non sto, indebitamente, generalizzando, ché i Discorsi Sociologici si fanno sui grandi numeri e non sulle eccezioni e sono le masse di giovani dei paesi occidentali, ingrassati di “merda”, compresa l’talietta, che costituiscono quella “gioventù bevuta”, esaminata, analizzata da una indagine di Riccardo Bocca sull'”Espresso”. Se ci riferiamo all’italietta, i figli dei nipotini del ’68 del secolo scorso incominciano a bere a 11 anni, a 16 sono già alcolizzati. Se si viaggia da sud a nord, i ragazzi, a tutte le classi sociali appartenenti, si stordiscono di birra, vino, liquori e siffatto autodistruggersi è da essi motivato dall’esigenza di trovare un’identità e sentirsi liberi. Intervistati, così rispondono: ” Ci chiamano i bottiglioni, ma chi se ne frega. All’intervallo, quando siamo a scuola, andiamo nei bagni, e ci sfondiamo di alcol, dopodiché torniamo in classe e stiamo da dio. A volte ci assopiamo pure, mentre i professori fanno lezione e fingono di non vedere. O forse non se ne accorgono proprio, questo non l’abbiamo ancora capito”. Quindi, in famiglia i papy e le mamy simulano di non vedere e di non accorgersi dell’alcol e delle droghe che scorrono nelle vene dei loro figli; a scuola i professori fanno altrettanto, ché molti di loro sono, anche, genitorucoli inchiodati a vincoli associativi, ove tutto avviene a “loro insaputa” e i figli e gli scolari non possono non concludere “Siamo fatti così, la società non ci aiuta a cambiare. L’altra sera, ad esempio, siamo andati all’inaugurazione di una discoteca. Non volevamo ubriacarci, ma gli alcolici erano gratis mentre gli analcolici no. A notte fonda eravamo sbronzi e furibondi insieme. Non si fa così, non si specula sulla nostra pelle”. A notte fonda! Dove’erano, allora, dove sono, dove saranno mai i genitorucoli di codesti minorenni che, da neonati e non molto oltre, erano da essi esibiti come trofei di una fecondità sessuale, priva, tuttavia, della progettualità di fornire all’umanità non “corper”, ma “Leib”, cioè Corpi Segnati dalla incessante Tensione alla Contemplazione della Bellezza, Valore che Commuove (cum – movère) verso Condotte d’ incorruttibile Eticità ? L’estetica (Settore della Filosofia che Si Occupa del Bello Naturale e Artistico, Percepiti attraverso la Mediazione del Senso, dei Sensi, del Sentire, Educati ad Interessarsi di Essi), l’Etica (la Scienza della Condotta, Guidata, Direzionata dalla Razionalità) non possono non Essere gli ineludibili paracarri, di cui Parla Crepet, per Figurare lo Spazio, in cui deve DipanarSi la Voglia matta “Virorum in fieri” di Identità Irripetibile in Cammino verso la graduale Liberazione, che è il graduale Vedere la Libertà, ognora, a Noi più vicina e più Nostra. Per Parafrasare Kant, il Cielo sopra di noi e la Libertà, grazie al Cielo, in NOI. Se Sappiamo MirarLo.