Una serenità
smarrita.
Ebbene la serenità sopracitata si
è registrata in Occidente sino a un evento significativo da cui sarebbe
dipartito un interminabile flusso di terrore: si tratta dell’orrido massacro parigino,
che ha propagato quel senso di inquietudine inseminato dai miliziani nelle menti
di gente non avvezza alla guerra, solita a gustarsi un caffè al bar in piena
calma. Chi mai poteva aspettarsi un simile sconcerto che avrebbe dato un nuovo
volto a una realtà che credevamo di conoscere appieno?, un volto che si nutre
dello spavento e del terrore. Ma non è tutto: difatti, come ci si aspettava, l’insana
e disumana violenza non ha assolutamente deposto le armi in seguito a quel
gesto fatalmente plateale.
Siamo sicuri, allora, di dover incolpare
esclusivamente la famigerata jihad, osannata dagli attentatori durante i loro
eccidi? Si noti che ultimamente si percepisce un’evoluzione del concetto stesso
di terrorismo che svela un’ancor nuova realtà, giacché i suoi fautori non si scoprono
più quali uomini addestrati nelle culle dell’orrore, bensì quali comuni paesani
dalla mente disturbata che non hanno avuto modo di sperimentare alcuna
soddisfazione durante la propria vita e si affidano a un sistema che fa leva
sulla volontà di ribalta propria degli inetti, incitandoli a soccombere
attraverso un suicidio indiretto (indiretto poiché, nonostante siano questi
consapevoli del destino cui si appropinquano deliberatamente,
la loro morte avviene per mano altrui come punizione – da essi intesa come premio
– per un’ecatombe immane) in nome dei propri interessi.
Dunque le istanze dello Stato
Islamico si dimostrano non tanto moventi, quanto incresciosi alibi rispetto al
profondo disagio esistenziale sedimentato nell’animo di ognuno, risultato dell’esasperazione
di quel senso di alienazione la cui esistenza fu avvertita più di due secoli
fa: stiamo assistendo al prodotto di un continuo estraniarsi dell’uomo da se
stesso e dalla sua natura sociale esacerbato dall’avvento mediatico nella vita
comune, che ha generato un incessante e affatto proficuo ripiegamento su se
stessi, avente come contropartita un’universale indifferenza, culminante
nell’insensibilità della furia omicida.
Quindi si prospetta un futuro
dominato dalla follia? Non è possibile scorgere un filo di speranza in questo
mondo sofferente e nero come pece? Non vi è risposta assoluta; ma fino a quando
non sarà riesumata l’intima natura umana dedita a virtù e conoscenza, ora seppellita
dalle coltri di ignoranza e avidità, non ci resta che sperare che nessuno di
noi si trovi nel posto sbagliato al momento sbagliato.