Un tempo, i vicoli profumavano di infanzia e le corti, come conchiglie di mare, raccontavano le grida giocose dei bambini in festa.
Le strade si bagnavano del sudore di quei giochi fatti di niente, di qualche sasso o di una corda ballerina che ballerino faceva diventare pure il più timido dei compagni.
I pomeriggi diventavano viaggi incredibili al timone di spensierati sorrisi e pensieri limpidi, limpidi come l’acqua alle fontane che accoglievano mani nere e facce sporche, sporche di vita felice.
Tramonti vestiti del sangue delle ginocchia sbucciate, a furia di cadere dietro ad un pallone ed echi lontane di mamme alla finestra.
Sembrano passati secoli e che generazioni di infanti felici siano svanite in un passato troppo remoto e invece no, era ieri quando il borgo vestiva i colori dell’innocente gioventù, era ieri quando alle cinque, passata la controra, le case si svuotavano e le strade si affollavano di quella gioventù felice, adesso ammanettata all’indifferenza del tempo che continua a battere forte e ad ogni colpo cancella un bambino di quelli con le croste alle ginocchia.
Nessun odore nei vicoli e nessun racconto dalle strade, nessun tramonto sazio di risate e nessuna mamma alla finestra, solo orecchie sorde e occhi spenti di bambini nati già grandi o mai cresciuti.