Le
parole sono taglienti come lame: «LaXylella è presente in Puglia da almeno venti anni e allo stato
esistono ben nove ceppi diversi, che ne mostrano la mutazione
genetica. Quindi è da escludere la
necessità di interventi emergenziali». E
poi: «L’Unione
europea è stata tratta in inganno con una falsa rappresentazione
dell’emergenza Xylella fastidiosa, basata su dati impropri e
sull’inesistenza di un reale nesso di causalità tra il batterio e il
disseccamento degli ulivi».
La
voce è quella di Cataldo Motta, procuratore capo della Repubblica di
Lecce. Roba da brividi. Come quello che è successo ieri l’altro.
La
procura salentina ha sequestrato tutti gli ulivi salentini che erano
pronti a passar a miglior vita e, cosa forse più significativa, ha
disposto ben dieci avvisi di garanzia ad alcuni soggetti che da mesi
si starebbero occupando della Xylella fastidiosa.
Si
tratta di ricercatori, la maggior parte, «che
non hanno cercato il confronto né valutato tutte le possibili
ipotesi».Dirigenti. E anche Giuseppe Silletti che, secondo l’accusa, avrebbe
realizzato piani inappropriati (ve lo ricordate? Si dovevano tagliare
anche quegli ulivi sani che avevano la colpa di stare a soli 100
metri da quelli infetti) e addirittura dannosi per l’ambiente
salentino.
Dietro
quest’impianto accusatorio, però (attenzione, è solo il primo
passo. Nulla è già stato scritto e deciso), si nascondono tre
situazioni. Tre storie.
La
prima è quella – carte dell’accusa alla mano, si intende – che
potrebbe esistere (occhio al condizionale) un gruppo – una lobby? –
composto da docenti universitari, centri di ricerca, multinazionali,
che starebbe cercando di compiere un complotto milionario ai danni
del territorio pugliese e della sua principale ricchezza, l’olivo.
Diciamolo: un business in piena regola.
E se di piano lucrativo assassino si dovesse trattare, quale sarebbe il vantaggio reale all’orizzonte per codesti cartelli? Favorire qualcuno che viene da molto lontano e che trarrebbe gran profitto dal mutamento dell’economia pugliese?
La
seconda è quella del cosiddetto “Popolo degli Ulivi”, quei
cittadini che con coraggio si battono con proteste e ricorsi al Tar
per evitare il taglio degli alberi.
La
terza fa ancora più tristezza. Fa rima con balle e menzogne. Tante
quelle che giornali e presunti esperti ci avrebbero raccontato.
Quella
più grande è che c’era addirittura una emergenza imminente. Che dal
Salento, epicentro, si stava diffondendo velocemente nel brindisino.
Andava fermata. Si mette in mezzo e in moto l’Unione europea, che
stanzia svariati milioni di euro per abbatterla in breve tempo. E poi
c’erano gli studi scientifici che avallavano tutto: anche per loro la
Xylella è davvero fastidiosa per gli alberi della parte estrema del
tacco dello Stivale.
E
invece, la realtà sarebbe ben altra. Da Bruxelles sarebbero stati
presi per i fondelli (difficile credere che siano tutti babbei lassù, però). Le ricerche scientifiche avrebbero volutamente
privilegiato l’ipotesi dell’abbattimento degli ulivi. La Xylella è
presente da oltre 20 anni, ma soltanto dal 2010 («ma
per colpa di una serie di concause – scrive
la Procura – che
dovevano essere studiate meglio e più approfonditamente»)è iniziato il disseccamento. Ma non tale fa giustificarne
l’eradicazione.
Sembra
di risentire, allora, le parole di Gino Ancona in un comizio
primaverile
(http://www.dabitonto.com/cronaca/r/emergenza-xylella-gino-ancona-ammonisce-e-solo-una-scusa-la-colpa-e-delle-multinazionali/6036.htm).
In
quella circostanza, l’anarchico già ammoniva che la Xylella era
soltanto un pretesto, e che la causa di tutto sarebbe «delle
multinazionali produttori di sostanze inquinanti e velenose che hanno
deciso di distruggerci per sempre».
E
lo faceva basandosi, anche lui, su studi scientifici. Specie quello di Cristos Xyloiannis, docente di Coltivazione erboree all’Università della Basilicata.
Che
avesse davvero ragione? Quello che è certo è che l’unica vittima di
questo presunto meccanismo perverso, diabolico e infame, è la
Puglia.
Chi può e deve non stia più a guardare…