In questi giorni di grande timore e sconforto dinanzi agli avvenimenti
internazionali che stanno coinvolgendo e sconvolgendo l’intera umanità, generando negli animi sentimenti contrastanti quali la rabbia, l’intolleranza
da una parte ed il perdono ed il desiderio di pace dall’altra, si fanno strada
quasi silenti, ma in modo efficace, proposte di ricercatori (di tutte le materie
ed ambiti umani) che non ci stanno proprio ad accettare una visione del mondo “in
divenire” tendente alla avidità, all’odio ed all’interesse personale.
E’ questo
il caso dei sostenitori del maestro spirituale americano Swami Kriyananda trapassato
nel 2012, che, ispirandosi ai principi e valori da lui appresi, cercano di
diffondere e un modello sociale in netto contrasto con le leggi del profitto e
dell’individualismo che regnano nella società moderna.
Il tutto avviene con la
diffusione di un film che non viene proiettato sul grande schermo cinematografico
ma in associazioni, centri yoga, cineteche e canali alternativi a cura dellecomunità “Ananda” (Ananda significa gioia) sparse in diversi paesi del pianeta
tra cui quella presente anche in Italia ad Assisi.
La trama del film parla di
una giornalista che viene invitata per lavoro a trascorrere una settimana nel
Centro Ananda presente in California a circa due ore e mezzo di strada da
Sacramento.
La giornalista scettica si avvicina a questa esperienza con
l’intento di smascherare le dinamiche di profitto o altri loschi scopi che
molto spesso sottendono le sette religiose.
Con suo stupore comprende che
trattasi di una comunità dove vigono gioia, armonia, amore fraterno tra i suoi
abitanti, che comunque rimangono aperti al resto del mondo e ad accogliere sempre
nuove persone desiderose di comprendere e cambiare le cose.
Così la
protagonista appena arriva conosce l’anziano Swami Kriyananda che l’accoglie
con un dolcissimo sorriso ed una pace interiore talmente evidente che la
giornalista ne rimane molto colpita.
Nel 1968 egli creò negli Stati Uniti la
prima comunità spirituale chiamata “Ananda Village” abitato da persone con
affinità di pensiero, alti ideali e un fortissimo senso di fratellanza e aiuto
reciproco.
Sin da piccolo fu evidente la sua propensione alla ricerca della
verità e tentò di trovarla nelle diverse branche della conoscenza umana: la
politica, l’economia, la religione, l’arte.
Nessuna di queste fu in grado di
fornirgli mai una risposta convincente.
Così un giorno mentre passeggiava
assorto nei suoi pensieri si chiese: “Se esiste un Dio, cosa deve essere?”.
Poi
pensò che se si poneva questa domanda era perché ne era conscio…
Di qui
l’illuminazione… Capì che “Dio era coscienza” e da quel giorno decise di
servire Dio aiutando gli altri non solo nelle questioni materiali ma anche
diffondendo messaggi e concetti spirituali per un mondo migliore.
L’incontro
più importante della sua vita fu con Paramahansa Yogananda uno yogi ed un guru
trasferito dall’India negli stati uniti col quale visse gli ultimi 3-4 anni
della sua vita.
Il maestro indiano trasferì tutto il suo sapere ed il suo
“sentire” al suo nuovo discepolo il quale in effetti ereditò un grande compito:
continuare a diffondere i suoi insegnamenti basati su due principi importanti.
Il primo: “le persone sono più importanti delle cose” ed il secondo derivante
da un detto sanscrito: “Dove c’è sintonia, c’è verità e dove c’è giusta azione,
c’è la vittoria”.
Il maestro Swami
Kriananda spiega inoltre alla giornalista che nella comunità si insegna a
portare la spiritualità in tutte le cose che si fanno nella giornata, a
meditare, a ricercare la bellezza poiché essa è motivo di elevazione per la
coscienza infatti non a caso la comunità era stata costruita in mezzo alla natura,
tra boschi, ruscelli e montagne.
Durante la sua permanenza la giornalista
conosce diverse persone della comunità ognuna dedita a dei compiti in base alle
proprie attitudini, studi e conoscenze. Il lavoro viene svolto non al fine di
ricavarne un profitto personale ma metterlo a disposizione della comunità
pertanto lo scopo della stessa non è “prendere” ma “condividere”.
Secondo il
guru, solo creando piccole comunità di condivisione, comunità consapevoli in
cui vige un sentimento di fratellanza, il mondo potrebbe cambiare. Al termine
della settimana spirituale la giornalista si sente profondamente cambiata e
sente profondamente cambiato anche il suo modo di valutare le cose e le
persone, gli avvenimenti.
Dopo la visione del film, gli spettatori, immedesimati
nel ruolo della protagonista, comprendono che è possibile adottare un nuovo
stile di vita a contatto con la natura, svolgendo attività eco-sostenibili,
migliorare i rapporti umani, valorizzare le persone per le loro caratteristiche
peculiari e soprattutto che è possibile cambiare scegliendo delle opportunità
di vita migliori.
Il film diventa ancora più prezioso perché solo la
giornalista ed il suo capo sono degli attori professionisti, tutte le altre
persone che interagiscono con la giornalista sono i reali abitanti e
sostenitori della comunità. Inoltre non mancano i panorami mozzafiato, i suoni
della natura, i canti melodiosi che contribuiscono a generare negli spettatoriuna sensazione di armonia e “leggerezza” intesa appunto come gioia perché, e questo
è uno degli insegnamenti di Swami Kriyananda, lo scopo dell’uomo è “essere
felice”.