Le due donne, che salgono con passo dolente le scale ed entrano in redazione rattristate, hanno età e storie diverse, ma lo stesso tormento.
La paura del domani.
Si sono conosciute in uno di quegli incontri fra disperati che di solito conducono ad uno sconsolante nulla di fatto.
La più anziana – figli lontani per “motivi di vita”, ma tanta dignità dentro – ha il problema della casa, il cui proprietario non è propriamente attento alla manutenzione, nonostante lei sia in regola con i pagamenti.
“Sto cercando altro, ma non so, non riesco a trovare niente, il padrone ha parlato male di me in giro e così si chiudono tutte le porte. Ma io non posso vivere in una camera illuminata da una candela…”.
La più giovane fruga nella borsa e tira fuori la solita pila di bollette da pagare e di scartoffie che dicono sofferenze in quantità industriale.
La prima è la separazione dal marito, che pure vive con lei “ma non fa nulla per trovare un lavoro”, e la seconda è l’ingiunzione di sfratto: “Ma il padrone è bravo, solo che da quando non riesco più a racimolare i soldi per l’affitto ha perso la pazienza. Io non so più che fare, ho i bambini da mandare a scuola e vorrei trovare una occupazione. Va bene, arriva il contributo comunale, ma serve per coprire un numero incredibile di spese e poi si ritorna nella piena emergenza“.
Ecco quale sarebbe la soluzione, secondo lei: “So che ci sono numerosi immobili di proprietà comunale, perché non sistemare delle famiglie in difficoltà? Mi pare persino una intera scuola sarebbe libera, l’ex Rogadeo se non sbaglio…”.
La donna, infine, aggiunge un piccolo particolare che sbalordisce: “Ormai a Bitonto i poveri e gli sfrattati si vergognano a venire allo scoperto, hanno paura di essere offesi pubblicamente, così si tengono dentro le loro sofferenze e tra mille difficoltà tirano a campare“.