Immagino l’uomo di oggi perduto in un mare di solitudine.
Zattera disperata fra i gorghi famelici che tutto travolgono. Migliaia di persone perennemente connesse ma mai abbracciate.
Parole che escono, tante, troppe, e quasi mai entrano e lasciano il segno.
Vuoto assoluto.
Questo mondo che è un cimitero travestito da carnevale ed ogni nome nostro è un eufemismo del sostantivo morte.
Intanto si va, tutti allegri sulla giostra che gira senza fermarsi mai. Le luci negli occhi ed il buio che scende nell’anima senza che ce ne accorgiamo.
Fra una corsa e l’altra col bigliettino in mano, si spalanca un abisso di dolore nel petto. Non c’è più gioia in quel folle vorticare e il tuo vagare diventa un precipitare sempre più inesorabile.
Fino a quando non senti d’essere diventato il nemico più accanito di te stesso. E vuoi liberartene, come che sia.
Il vicolo cieco della vita non ha più un raggio di sole.
Ed è finita.
È un attimo, liberatorio e, purtroppo, irripetibile.
Non ci sarà più spazio e tempo per le battute, gli scherzi, il lavoro.
Spento il sorriso.
Ammutolito l’ultimo battito.
Solo vento la voce.
Stop. Tutto finito.
Domani, sarà un altro giorno.
La giostra riprenderà a fare il suo giro.
Ma, caro Michele, sappi che ci sarà sempre qualcuno che ti cercherà, in una frase simpatica non più detta dietro il bancone, in una partita di calcio non più vista insieme, in una emozione profonda che resterà sempre più sola senza di te…