No, non è stata una settimana come tutte le altre, quella pur mo’ trascorsa.
E, molto sinceramente, non ci riferiamo alle tempeste che in queste ore stanno sferzando Palazzo Gentile. Siffatte geometrie da grandi strateghi politici non ci hanno mai entusiasmato.
Che facciano pure, avranno sempre le loro salde motivazioni, ve lo possiamo assicurare.
Piuttosto, vorremmo che non sdrucciolasse inesorabilmente nell’oblio la traccia di due eventi di cronaca.
Devastanti.
Una ragazzina di diciassette anni muore travolta da un treno. Le prime persone giunte su quei binari hanno parlato di corpicino dilaniato. Chissà dove lo hanno ritrovato il cuoricino – pieno zeppo di mille ferite, immaginiamo, di quelle che quasi nessuno vede – della povera cucciola.
Non sappiamo cosa sia successo davvero, la giustizia farà luce.
Intanto, la ragazzina non c’è più e al suo posto è rimasto lo strazio abissale nel petto di chi l’amava e l’amerà per sempre. Forse ancora di più.
Con un macigno sul cielo dell’anima, perché un genitore non potrà mai farsi una ragione della scomparsa prematura di chi ha generato.
Possiamo solo dire che il vuoto assoluto imposto dal mondo che ci circonda, che ci bombarda di nulla da mane a sera, sta facendo crescere generazioni all’apparenza felici e sfrontate, l’onniscienza tecnologica ed il fasullo benessere esiziali complici.
Ma, in realtà, tremendamente fragili…
Corriamo, ora, dall’altra parte del filo della vita.
Un concittadino di 73 anni rischia di interrompere la sua permanenza quaggiù sul posto di lavoro, lontano dal suo borgo natio.
Augurandogli una piena guarigione, ci chiediamo: ma che mondo è mai questo, nel quale anche ben oltre la soglia dell’età pensionabile un uomo deve continuare a spezzarsi la schiena – metaforicamente e non – per continuare a campare?
Chi si pappa cifre esorbitanti vita natural durante per aver messo piede anche un solo giorno a Palazzo Madama o a Montecitorio lo sa che succede anche questo?
E con quale coraggio s’asserraglia dinanzi all’iniquo vitalizio in difesa di un privilegio che, di questi tempi (travagliati, tristi, arrancanti), non ha alcuna ragione d’essere?
Ecco, fermiamoci a meditare un attimo, almeno oggi, su questi due casi emblematici della contemporaneità in cui passiamo stanchi le nostre giornate…