Gli
obiettivi sono ambiziosi. Da un lato immettere denaro fresco e
liquidità nell’economia reale per far ripartire i consumi, rimettere
in moto il Paese e quindi tutto ciò che questo comporta.
Dall’altro
consentire alle piccole e medie imprese in difficoltà di avere un
po’ di soldini – destinati al pagamento della quota capitale del
mutuo con un istituto di credito – da utilizzare per fare un
investimento.
La
norma (guarda caso chiamata “Imprese in ripresa”) porta la
firma di Francesco Cariello, il deputato bitontino del Movimento 5
stelle, è in vigore dal 1°gennaio ed è stata approvata con la
legge di stabilità 2015.
Non
sarà, forse, una rivoluzione copernicana, ma è senza dubbio un
primo e significativo passo che viene dal basso per dare ossigeno
all’economia di casa nostra. Addirittura meglio – ragionano i
grillini – del Quantitative easing della Banca centrale europea,
perché viene dal basso.
È
tutto semplice. Da quattro mesi a questa parte, infatti, le imprese e
i consumatori che stanno pagando un mutuo a una banca o a un
qualsiasi istituto di credito, hanno la possibilità di “congelare”
per tre anni l’erogazione della quota capitale (continuando a pagare
la quota di interessi, che ovviamente maturerà durante il periodo di
stop al pagamento) dal proprio piano di ammortamento per immettere
quel denaro risparmiato nell’economia reale e avere un guadagno.
Sarà
davvero funzionante? «In passato – ha
spiegato Cariello presentando la misura qualche giorno fa in un
convegno moderato dalla giornalista Enrica D’Acciò – una
moratoria per le sole imprese in difficoltà ha generato 24 miliardidi euro. Adesso, allargando la platea, contiamo di crearne molti di
più».
Già,
allargando la platea. Perché l’elemento importante della norma sta
che nel fatto che a beneficiarne sono sia le piccole e medie imprese
che i consumatori.
Soggetti,
però, che hanno ricevuto un diverso trattamento dall’Associazione
bancaria italiana (Abi), che non ha rispettato i dettami della legge.
Anche
se tutto parte da ciò che non ha fatto il governo, che avrebbe
dovuto avere un ruolo centrale.
«Non
ha coinvolto – ha illustrato il grillino bitontino – le
parti per raggiungere un accordo condiviso, ma ha lasciato campo
libero all’Abi, che ha pensato di riprendere pari passo la vecchia
moratoria, limitandone la potenzialità solo a chi è in difficoltà».
Sono
nati, allora, due accordi. Quello con i consumatori è un po’
particolare, perché l’Associazione delle banche consente soltanto ad
alcune categorie di poter beneficiare della misura ma con determinati
limiti (sospensione solo per un anno, ad esempio). «La maggior
parte delle associazioni di categoria, però – ha
tranquillizzato il pentastellato – non ha firmato questo
compromesso e anche per questo nei prossimi giorni proporrò al
governo un accordo alternativo».
Quello
con le imprese, invece, è un buon punto di partenza anche grazie al
ruolo di garanzia che ha avuto Confindustria, ma potrebbero non
mancare piccole migliorie.
Un
endorsement a “Imprese in ripresa” è arrivato anche daCanio Trione, economista e docente di Economia, convinto che la norma
sia ottima per le banche («possono guadagnare di più dagli
interessi ed essere più competitive sul mercato»), rappresenti
la medicina salvavita per l’economia e una grande iniezione di
fiducia, vada pubblicizzata il più possibile tra le imprese e i
consumatori.