Ospite
d’eccezione, ieri mattina, presso la Fondazione Santi Medici per la XVI
edizione dello “School Cup”, il
progetto sportivo, curato da Marco Loiodice e Piero Carbone, rivolto agli
studenti delle scuole secondarie di Primo e Secondo Grado della città ed incentrato sul tema: “I giovani, lo sport e la ludopatia”.
Si tratta dell’arbitro di calcio Antonio Damato, 42enne fischietto pugliese della sezione di
Barletta, internazionale dal 2010, ospitato in un evento organizzato da Pasquale Cariello e dall’osservatore
della Commissione Arbitrale Nazionale di Serie B, Franco Natilla. A presiedere l’evento, oltre a Damato e Natilla,
anche don Ciccio Savino, Presidente
della Fondazione Santi Medici e prossimo vescovo della diocesi di Cassano allo
Ionio, e l’assessore allo sport, Domenico
Nacci.
«Ho conosciuto Antonio Damato circa 25
anni fa, quando fu sottratto dall’atletica leggera e portato nella famiglia
arbitrale – ha raccontato Natilla–. Si mise subito in evidenza per qualità
non tanto squisitamente arbitrali quanto per lo spirito di abnegazione. Nulla
si può fare nella vita se non c’è tanto sudore, non ci sono allenamenti
costanti, una preparazione sulle norme regolamentari, l’aggiornamento. E oggi se
è diventato arbitro internazionale è perché si è formato su basi etiche senza
lasciare mai nulla al caso. Dopo gli scandali recenti che hanno coinvolto anche
la classe arbitrale, si è ridato dignità all’immagine di un’associazione
arbitrale seria, che pone l’etica al primo posto, grazie a figure come quella
di Antonio Damato».
«Voi arbitri siete tutori della
legalità, rappresentate un elemento di spinta e sprono –
ha commentato l’assessore Nacci –. Si arriva a certi livelli solo con
passione, abnegazione, studio e dedizione, lo sport non è solo divertimento o
dispersione, ma è anche lavoro, è momento di aggregazione. Se tutti in campo
rispettassero le regole, l’arbitro diventerebbe solo una comparsa perché
aiutata nel suo lavoro. Ci auguriamo che a Euro 2016 possa essere Antonio
Damato l’arbitro designato dalla Uefa a rappresentare i “fischietti” italiani».
Don Ciccio Savino si
sofferma sul tema della “ludopatia”,
rassegnando dei dati davvero sconcertanti verificatesi a Bitonto. «Una madre ha consumato in sei mesi 625mila
euro, un piccolo imprenditore in una settimana ha perso 70 mila euro – fa
notare Don Ciccio –. Chi dipende da
alcool, gioco e sostanze non ha futuro, le dipendenze sono come le sirene per
Ulisse. Oggi la nostra società è piena di sirene che danno l’euforia e
l’ebbrezza del momento ma vi consegnano poi alla tragedia della vita. Torniamo
alla realtà, oggi si rischia la virtualità delle cose. Io nel calcio preferisco
uno sbaglio che non una invasione della tecnica che poi ci toglie la bellezza
delle relazioni all’interno di un gioco. Liberiamoci dalla cultura del “sospetto”,
non cediamo al populismo, alla demagogia, al generalismo, recuperiamo la
trasparenza nelle relazioni umani. Recuperiamo l’importanza delle regole, non
si può vivere in una democrazia senza regole. Oggi sono saltate le regole
persino elementari, così salta la democrazia e siamo tutti a rischio della
libertà. Come afferma Papa Francesco, nessuno dice più “grazie”, “scusa” e
“permesso”. Dobbiamo recuperare anche il termine “disciplina”, un po’ di
sobrietà e disciplina in più fa bene alla formazione, altrimenti si vivrebbe
nell’illusione, nel virtuale. Non fatevi ingannare dalle sirene idolatriche del
nostro tempo, tutelatevi studiando e leggendo di più, meno sciocchezze
televisive e sui social network. La conoscenza è liberazione».
Motivante
e accorato l’intervento di Antonio
Damato.
«L’arbitraggio è pura passione,
richiede una serie innumerevole di sacrifici se vuoi arrivare ad alti livelli.
Agli arbitri si richiede di essere garante
delle regole, di rispettarle e di farle applicare dai calciatori e dai
dirigenti. Ho iniziato ad arbitrare a 16 anni, lo faccio da quasi 27 anni. La
mia prima partita diretta risale al 30 marzo 1989. Sognavo la Serie A, ma per
arrivare a certi livelli ci vuole tanta strada da percorrere, con un’abnegazione
fuori dal comune. Nulla però è impossibile, i sogni si possono realizzare, in
ogni ambito, tutti devono perseguire quello che sentono dentro di sé.
Individuate la vostra inclinazione e profondete tutte le energie possibili,
tutto dipende da voi, perché ognuno è
attore di se stesso. Nella vita
nessuno vi regalerà nulla. Ma si può arrivare solo con i sacrifici, senza cercare le
scorciatoie. Riempite le vostre giornate non solo di svago o futilità ma anche
di cose vere, di essenze che vi gratificano e vi fanno sentire importanti, di
persone che vi fanno stare bene e che condividono la tua passione».
«In campo l’arbitro è solo contro due
squadre dove potenzialmente c’è gente non sempre collaborativa – ha aggiunto
Damato –. L’arbitro deve avere personalità e quando scende in campo deve
esaudire determinate aspettative. Per questo ci vuole impegno, preparazione,
studio, sacrifici. In questi 26 anni c’è stata sia una crescita tecnica ma
soprattutto umana. Quando a 17-18 anni andavo nei campi di provincia di Prima e
Seconda Categoria ogni domenica avevo problemi nell’organizzare la trasferta o
rischiavo l’incolumità fisica oppure mi ritrovavo a gestire da solo situazioni
ambientali davvero particolari. Questo significa fare la “gavetta”, è come un addestramento, un esercizio fisico e mentale
fatto di cadute, scoraggiamenti, successi, ma l’importante ogni volta è
rimboccarsi le maniche e ripartire. Pietro Mennea, mio concittadino, diceva “Soffri ma sogni”».
Sul
tema della ludopatia, «per la mia
professione non possiamo avere conflitti di interessi con le scommesse, e
questo vale anche per i calciatori. Ovviamente tutto parte dalla coscienza di
ognuno di noi. Sono sirene che devono comunque restare lontane da tutti,
esistono altri momenti di svago, che non vai a cercare in un’agenzia di
scommesse. È un’attrazione che rischia di mandare all’aria anni ed anni di
sacrifici. Ogni essere umano può scegliere, e anche in un momento buio c’è
sempre quell’attimo di lucidità che ci deve far scegliere di non sbagliare».
Damato
poi si è sottoposto ad una serie di domande proposte dai ragazzi presenti: le
141 gare dirette in Serie A, il ricordo delle partite più importanti della sua
carriera, ovvero l’esordio in Serie A il
15 dicembre 2006 in Catania – Udinese,«dopo 20 anni di sacrifici, campi
polverosi, trasferte», o Spezia – Genoa in Serie C1 che gli è valsa la
promozione nella CAN di A e B; uno dei miglior arbitraggi, in particolare lo Juventus – Milan 3-1 di questa
stagione. E poi la tecnologia in campo,«oggi il calcio è diventato così veloce e
pieno di insidie che è difficile decidere e valutare in pochi attimi. Sono favorevole
all’introduzione della tecnologia per il goal – non goal»; il doping, «una piaga dello sport, anche se nel calcio il doping è stato presente
in maniera relativa perché doparsi non offre grossi benefici. È un’altra
scorciatoia che serve a raggiungere un obiettivo però non in maniera lecita, ma
si rischia di fare danni alla salute»; il calcioscommesse, «quando uno
sbaglia è giusto che paghi ma anche che si possa fare una nuova vita dopo aver
scontato la pena, e così pure i calciatori condannati per le scommesse, dopo
aver espiato la loro colpa devono avere una nuova chance».
In
ultimo, l’arbitraggio. «Non c’è mai una partita facile da
arbitrare, si nascondono sempre insidie, mai sottovalutare una gara. Si rischia
di sbagliare perché l’arbitro è costretto a decidere in una frazione di istanti
in un calcio che corre vertiginosamente. Noi riflettiamo sulle immagini delle
nostre partite negli stage a Coverciano, due volte al mese, analizziamo cosa
abbiamo sbagliato e cosa abbiamo fatto bene. Partite non andate bene ci sono
state in carriera, ma se dobbiamo migliorarci dobbiamo passare anche dalle
giornate negative».