Sabato
sera, il sipario del Teatro Traetta si è spalancato dinanzi a una delle più
affascinanti e talentuose attrici italiane.
Monica
Guerritore – una vita intera consacrata magistralmente al teatro e al
cinema- ha portato in scena per il numeroso pubblico bitontino “Qualcosa rimane” di Donald Margulies, traduzione
di Enrico Luttman, per la regia di
Giorgio Diritti.
Ad affiancarla nella rappresentazione, la grintosa Alice Spisa, che è riuscita a
tenerle testa in un gioco serratissimo di botta e risposta.
Vincitore
del premio Pulitzer 2000, “Qualcosa rimane” affronta lo scontro artistico e
generazionale tra la scrittrice di talento Ruth Steiner, interpretata da Monica
Guerritore, e la giovane allieva Lisa Morrison (Alice Spisa, appunto).
Logorata
e tagliente l’una, fresca e ingenua l’altra, tra le due donne si instaura un
rapporto simbiotico di sottomissione e sopraffazione, tipico dei rapporti
masochisti.
Prima s’incontrano, si piacciono e si amano per mesi, in un
crescendo di emozioni e rivelazioni.
Poi, in un finale sorprendente e affilato
come la punta di un coltello, si annientano a vicenda impietosamente, perché minacciate
nella loro amicizia dal successo e dall’invidia.
Un
testo drammaturgico senz’altro difficile -ambientato nella New York degli anni
’70 e ricco di richiami letterari agli artisti Delmore Schwartz, Lou Reed e
Ginsberg- che pure lascia qualche perplessità nella sua messinscena.
Troppo
lenta la prima parte, con le lezioni di scrittura dell’insegnante, che sono risultate
estremamente affascinanti sul piano del contenuto, ma poco convincenti ai fini
dello spettacolo.
Artificiosa la soluzione del finale, con dialoghi serrati e
sovrabbondanti al punto tale da risultare finti (il teatro non è solo parola,
spesso è silenzi).
Impeccabile, invece, l’interpretazione delle due artiste -con
un punto in più a favore della Guerritore- su cui s’è sorretta la discreta riuscita
dello spettacolo.
Questo
è quanto è accaduto sul palcoscenico.
Poi, purtroppo, ci sono flash di vita
vera che si consumano negli anfratti del teatro e che il pubblico ignorerà per
sempre (talvolta ci prova il cinema, attraverso la finzione, a restituirci la
loro bellezza).
Possiamo solo immaginare, quindi, quella voce rotta dal pianto
dall’altro lato del telefono che, tra il primo e il secondo tempo, ha
sussurrato: “Monica, è morto Luca Ronconi”.
E, a quel punto, il profondo dolore
della Guerritore e, nonostante tutto, la necessità e la voglia di arrivare al
finale.
Perché, nel teatro come nella vita, lo spettacolo deve sempre andare avanti.