Il maestro cartapestaio Pietro Balsamo ha tenuto, sabato scorso, la mostra dei suoi
capolavori a Borgo Bontà.
L’arte va
vista nelle sue diverse forme: in una statua, in un piatto tipico o in un brano
di musica popolare. A precedere la mostra
delle statue di cartapesta, è stata quella dei presepi all’interno della Chiesa
dell’Annunziata.
“Il
mondo della cartapesta” è un evento organizzato
da Ulixes e Tesori di Carta, bottega del maestro
cartapestaio Pietro Balsamo a Francavilla Fontana. Prima tappa di questo
itinerario artistico è stata la mostra dei presepi all’interno della Chiesa
dell’Annunziata, giunta all’VIII edizione.
La mostra è stata curata dall’Associazione Italiana «Amici del Presepio»
della sezione di Bitonto, che ricordiamo essere legata alla sezione di
Altamura.
In esposizione piccoli presepi caratteristici prodotti da coloro che
hanno preso parte a questa iniziativa: da Vincenzo Sicolo, presidente
dell’Associazione, a Pice Anna, di Bitonto, o Barone Antonio, di Adelfia. Hanno
partecipato anche presepisti di Canosa di Puglia e Ginosa. Il primo premio è stato
conferito a Vincenzo Sicolo per la sua opera, il secondo è stato attribuito
alla “Natività in terracotta smaltata” e il terzo all’” Angelo dell’annunciazione”.
A Borgo Bontà, invece, il maestro Pietro
Balsamo ha esposto i suoi capolavori. «La
carta nasce in Cina –ha raccontato Pietro– e insieme ad essa la cartapesta. I cinesi
hanno dimostrato come la carta potesse essere utilizzata non solo come mezzo
per scrivere. Infatti, son state costruite armature in cartapesta, che
attutivano meglio i colpi».
«L’arte della cartapesta è arrivata con le varie
immigrazioni e con Marco Polo in Europa». Dalla Spagna, la Francia e la
Germania, i primi nuclei cartapestai si son creati a Bologna.
Infatti,
conserviamo ancora un bassorilievo di una Pietà del 1450 ca. Anche i grandi
come Michelangelo e Bernini si dedicarono a quest’arte che potrebbe definirsi
minore.
«La culla della cartapesta è
Lecce – ha spiegato il maestro Pietro
Balsamo–. Ciò è riconducibile alla
grande santificazione del Regno delle due Sicilie. La Chiesa per avvantaggiare
i meno colti ha istituito il vangelo figurato. Necessitavano però gruppi
statuari più leggeri».
«La cartapesta inizia ad essere così utilizzata per
necessità. La prima lavorazione ci fu a Napoli, dove amavano definirsi
stuccatori e non cartapestai. I primi che capirono il valore di quest’arte
furono i barbieri, che una volta facevano di tutto».
Il maestro Pietro
Balasmo ci ha raccontato anche che undici anni fa ha deciso di impiantare
nuovamente nel suo paese, Francavilla Fontana, una bottega: “Tesori di carta”.
«La cartapesta è vera scultura» e per
conservarne il suo valore nel tempo è necessario un lungo e meticoloso lavoro. Perciò,
il maestro ha spiegato ai presenti le varie fasi lavorative.
Si parte dagli elementi primi come la carta, per
poi passare all’elaborazione delle parti anatomiche in terracotta o cartapesta
a seconda delle dimensioni della statua da riprodurre. E’ stato esposto il
manichino, fatto di paglia, ferro e filo.
A seguire c’erano i focheggiaturi,
ovvero i ferri per focheggiare.
Le varie parti della statua vengono assemblate
al manichino e fatte diventare un corpo unico con una colla, fatta con acqua,
farina e vetriolo, utile per evitare che essa venga attaccata dai tarli. Segue
la prima vestizione con una sorta di tuta per dare la forma, poi si passa a
quella con la carta e la colla.
Si procede con la focheggiatura che serve ad
eliminare i difetti della scultura, poi alla gessatura, alla levigatura e
impregnatura a guazzo.
Alla fine, al tatto, la scultura avrà la stessa
consistenza di un velluto e sarà pronta per essere colorata con la tempera
all’uovo, colori a olio e vernice.
«Quando
una scultura in cartapesta è fatta bene –ha concluso il maestro-, la carta scompare e perde la sua natura.
Devi essere uno scultore, prima che cartapestaio per fare tutto questo. Io,
inoltre, mi accompagno per la lavorazione sempre con un bozzetto di
terracotta».
Tra i capolavori esposti la
Natività, il bambinello, un suonatore, San Giuseppe, un tamburellista, San
Rocco, una scultura con otto santi.
Dall’arte figurativa si è passati poi all’arte culinaria e musicale per
concludere al meglio la serata.