Aneddoti, brindisi, cantilene di devozione, imprecazioni,
indovinelli, motteggi, giochi, ninne nanne, preghiere, proverbi, racconti
rimati, scioglilingua, stornelli.
Si parte di qui per raccontare la grande produzione
letteraria del dott. Gaetano
Muschitiello farmacista, dirigente della ASL Matera, illustre demologo e
autore di fondamentali ricerche sul vernacolo bitontino, giochi e mestieri di
un tempo.
«La
sua opera monumentale – ha aperto Giuseppe Paciullo, presidente del Circolo Unione – deve stare nelle scuole perché non si può
stare lontani dalle radici. È proprio il prof. Valente che affermò: “È come se
la città fosse raccolta nei ricordi di Gaetano. Bitonto è centro di un comprensorio
tra i più vivaci del territorio”».
«Dobbiamo
riconsegnare questo mondo splendido ai nostri figli –continua Paciullo -, sempre più persi
nella solitudine dei tablet e dei cellulari, tanti nel dramma della ludopatia,
piuttosto che per le strade della città».
Il nostro dialetto, così, diventò scientifico: non solo
per i bitontini ma una lingua internazionale per la grandezza del processo di
metafonesi e dei tanti vocalismi (studiati dal prof. Giuseppe Modugno).
Ne è ancora custode, estimatore e gran ricercatore il
dott. Michele Muschitiello – che nulla
c’entra nell’albero genealogico del Gaetano – che quest’anno, come di consueto,
ha prodotto “U calànnarie de Vetònde Dumilaquìnnece”,
presentato lo scorso giovedì proprio nei locali del Circolo Unione.
«Una
bella occasione – esprime il nostro insigne rubrichista
Muschitiello – per ricordare e mantenere viva
la memoria della nostra città e di quanti hanno dato il loro meglio per poterne
custodire intatta la sua storia. Che sia, quindi, un anno ricco di futuro e
speranza senza mai dimenticare quello che siamo».
Un dolce ricordo di Gaetano Muschitiello anche da parte
del prof. Nicola Pice: «Nonostante Tanino sia stato tanti anni
fuori da Bitonto, non ha mai reciso i suoi rapporti con la città. Dopo gli
studi effettuati nel 1901 cominciati sul dialetto, proseguiti nel 1957 e poi
negli anni ’90, dobbiamo cercare di mantenere viva la nostra lingua non
sminuendone mai l’importanza storica».