“Pochi attimi prima che Silvio Morisse,
una bianca colomba si posò sul davanzale della sua stanzetta. D’un tratto, volò
via. Era un Angelo che aveva Assunto le sembianze di una colomba e sulle sue bianche ali portava Silvio in
Paradiso”.
Era il 24 settembre del 1979 e il sole stava tramontando.
Silvio
Chiamò a Sé il Fratello Carlo, Lo Baciò, poi, con un grido Si Rivolse ai suoi Genitori:
”Papà, Mamma!”.
La Morte Ridonò a Silvio, d’incanto, la Serenità del Volto e
lo Splendore che la terribile paura di Essa, forse, Gli aveva per qualche
istante spento. Con quale Ricchezza di Simboli possiamo Raccontare la Vita! L’Apparizione
della colomba è, indubitabilmente, un
sublime Passo Poetico di Ottavio Dissegna, il Padre di Silvio, nel Rievocare lo
struggente Transito del Figlio dalla Vita alla Morte.
Infatti, per il biancore
del piumaggio e la mitezza la colomba è assunta a incarnazione di innocenza e
di pace. Quel grido di sconforto era a Silvio Dettato dalla Consapevolezza che
La Morte era proprio in procinto di mostrarGli, per Parafrasare un celeberrimo
Verso Pascoliano, come sa, non di rado, strappare dalle mani di un Fanciullo
tutti gli aquiloni. Non aveva Scritto Silvio che da Grande avrebbe voluto Diventare
Maestro, ché Gli sarebbe Piaciuto Insegnare agli altri, ”però so fin d’ora che
devo imparare tante cose, sforzandomi di studiare e di leggere molto”?
Crescere, Culturalmente, Egli Ne era Convinto, era il Percorso obbligato,
canonico per “rassomigliare a Gesù che è così buono”.
Nel Leggere queste
Pillole di Saggezza, inusuale in un Ragazzino di 10 anni, se fossimo Credenti,
non potremmo non Essere in Sintonia con Kant il quale Affermava che alla
Santità si Perviene Adeguando, giorno dopo giorno, la nostra Volontà
all’Imperativo Categorico, Composto di Dettami la cui Autorevolezza non può non
essere universale in qualsiasi circostanza, tali da PorLO come Fine in Se
Stesso.
”Tamen”, kant Aggiungeva che non si può Ascendere al “Regno dei Fini”(il
Paradiso per i Cristiani) con le sole umane forze che devono, possono
completarsi con la Soprannaturalità della “Grazia Divina”.
“Igitur”, se kant
avesse Conosciuto Silvio, avrebbe Notato nell’Essere al Mondo del Ragazzino un
Predestinato al “Regno dei Fini” per “Grazia Divina”,”sed” nel contempo avrebbe
visto nel suo Comportamento, nei suoi atteggiamenti verso i Genitori, il
Fratello, il Prossimo in generale lo Sforzo di Adeguare la sua Volontà agli
ineludibili Comandamenti dell’Imperativo Categorico, tarati in ragione della
sua giovane età, ché in ogni stagione della Vita vi sono per ognuno di noi
Responsabilità da Assumersi, Doveri a cui Attendere, Opere da Compiere.
Arthur
Schopenhauer Proclama ne “Il mondo come volontà e rappresentazione” che le
Opere qualificano il Santo: ”Un santo può essere pieno delle più assurde
superstizioni, e invece può essere un filosofo, non importa. Solo il suo agire
lo qualifica come santo”. Quali le Opere nei giorni di Silvio? Il giorno della
Prima Comunione, la Madre di Silvio, la Signora Gabriella, Ricorda che Egli Le
Disse: ”Mamma, il mio più grande amico da oggi sarà Gesù”.
Ecco, da vero,
appassionato, maturo Cristiano, Silvio Si Fidò di Gesù e la sua Santità deve essere Individuata, precipuamente, nel
Seguire le Orme che il Maestro aveva Lasciato, indelebilmente, nel Mondo:
soprattutto, l’Esperienza della Croce per la Salvezza dell’Uomo. La Croce a cui
Silvio Si Votò insieme a Cristo fu la sua dolorosissima malattia.
Molto
probabilmente, Silvio non conosceva o, addirittura, non aveva, mai, sentito
parlare di don Bosco; comunque, non è peregrino supporre che la sua
Progressione, il suo Tendere a Cristo Trovasse punti di contatto con i “segreti
della santità” che il Fondatore della Congregazione dei salesiani Dettò a un
altro Giovane Santo, Domenico Savio: l’allegria, la serietà negli impegni di
studio e di preghiera, il far del bene.
A Silvio piaceva molto giocare al
calcio e lo faceva con gioia, con allegria, però ”se qualcuno si fa male –
appuntava sul suo diario – mi ritiro dal gioco per curarlo”.
Era tifoso dellaJuventus (beh, da questo punto di vista non era perfetto, o forse sì, chissà!) e il suo
calciatore preferito, al quale S’ispirava Silvio, come tirone (recluta)
pedatorio, era un certo gori (staremmo per dire: ”carneade chi era costui?”, ma sappiamo che Sergio Gori detto Bobo fu un onesto centrattattacco fra Torino, Cagliari e Milano, sponda nerazzurra).
“Se
incontro qualcuno – Continua – che mi chiede l’elemosina, se ho qualcosa gliela
dono con amore. Cerco di essere buono con tutti, ma a volte non ci riesco… I
compiti li faccio lentamente, non scrivo in fretta, ma li faccio bene”.
Insomma, Silvio Imparava con Felicità e Piacere. Leggere questi Pensieri che
Centellinano quella mirabile Semplicità, Distillata da una Miriade di Esistenze
LiberateSi da sovrastrutture ideologiche, perché no!, teologiche, retoriche inutili e vane, CI Sembra di fare i conti con la sfacciata Perentorietà di Linguaggio di San Filippo
Neri, secondo il quale “l’uomo deve realizzare la perfezione morale, tendendo
a Dio, così è gradevole a Dio… Il compito dell’uomo di buona volontà è che
venga il regno di Dio e sia fatta la sua volontà sulla terra…Figlioli, state
allegri, allegri. Voglio che non facciate peccati, ma che siate allegri”.
Quell’ Allegria, Pace con se stessi e con gli altri, Serenità nell’Approvazione
degli Obblighi e dei Doveri di Uomini in
Fieri e di Futuri Consacrati che non vedevamo in molti nostri scolari, dai
dirigenti di un seminario diocesano cattolico a NOI scaricati, non ché li
Formassimo, FacendoCI, umilmente, Portavoce dei Grandi della Scienza, della
Filosofia, dell’Arte, della Letteratura, per Preparare, eticamente, il loro
Animo a Ricevere Dio, che “calpesta ogni
grandezza umana”, Dice San Filippo Neri, ma ché NOI regalassimo loro quel
diplomino che sarebbe servito all’accesso, solo burocratico, al seminario
maggiore ove si acquista la patente di prete, “more donabbondiorum”.
Sicché,
ancora, CI è utile San Filippo Neri: ”Chi vuole altra cosa che non sia Cristo,
non sa quello che si voglia. Chi dimanda altra cosa che non sia Cristo, non sa
quello che dimanda. Chi opera e non per Cristo, non sa quello che si faccia”.
I
nostri scolari non sapevano quello che volevano, non quello che domandavano,
non per chi avrebbero operato. Ma temiamo che non lo sapessero i loro
superiori, i superiori dei loro superiori e, forse, il miliardo e passa di cattolici per il pianeta sparsi!
Silvio,
invece, Sapeva Dire a tutti i suoi Confratelli nella Fede sua a cosa, per
esempio, la Vita Servisse: “a conoscere, amare e servire Dio in questa vita e
goderlo nell’altra, in paradiso”.
Ma Egli era, anche, un ”Angelo in carne” e la
sua “carne” era tanto malata: le metastasi Gliel’ avevano, totalmente,
devastata, sì che alla fine L’avevano ridotto alla cecità e alla sordità.
E,
allora, un strido di sconforto: ”mamma, fai qualcosa per me, voglio rimanere
con voi, vi ho sempre voluto bene! Fate qualcosa al vostro Silvio, ho tanto
male!… Mamma, come è brutto non vedere più il sole, la luce, le piante, i
fiori, ma soprattutto non vedere più te, papà Carlo!”.
E un accorato Appello:
”Prendimi con te, Gesù! Sono stanco di soffrire”. Anche Gesù sulla Croce S’era
Rivolto al Padre: “Padre, perché mi hai abbandonato?”.
Nelle ultime settimane
di vita Ottavio e Gabriella, sorpresero Silvio mentre con un filo di voce Elevava
al Cielo una Composizione di sua Invenzione, che era una specie di Sinossi del
suo Calvario, dell’Acconsentire a Patire per Amore di Dio e della sua
spasmodica Attesa del Signore. Ecco il finale della Canzoncina, che i suoi
genitori avevano imparato e che avevano trascritto: ”… Aspetto sempre il buon
Gesù / che dal Cielo mi venga a prendere, /perché non ne posso più”.
Anche,
Gesù, pur Dio in carne, non ne poteva più della Croce!
Il Paradosso della Vicenda
Umana, Terrena di Silvio Stava nel fatto che Egli era un Ragazzino
meraviglioso, molto bello (con una punta di infantile, civettuolo narcisismo
Egli Si Ritrae così: ”Io sono alto, ho i capelli castani, occhi neri, le gambe,
le braccia lunghe”), Godeva della Stima, dell’Affetto dei suoi Genitori, del
Fratello, dell’Insegnante, dei suoi Compagni, anche per il suo eccezionale Rapportarsi ad Essi con Tenerezza
e Gentilezza.
Inequivocabilmente, avrebbe avuto dalla Vita tutte le più
significative Soddisfazioni che il suo Essere al Mondo Meritava.
Inoltre,
voleva Vivere e non si Stancava, giammai, di Ringraziare i suoi Genitori
di averLo Messo al Mondo.
Al compimento
dei suoi dieci anni, i suoi Genitori
Decisero di RegalarGli una macchina da scrivere.
Immantinente, su un foglio in
essa inserito Scrisse: ”Caro Papà, cara Mamma vi ringrazio di avermi messo al
mondo e di avermi dato la vita che è tanto bella”.
Eppure, Accettò di
Percorrere la “Via crucis” per la salvezza del mondo e Scrisse: “Ogni mio
dolore, ogni mio gesto d’amore per te, o Gesù”.
A volte CI Chiediamo, quanto
costa, quanto è costato il Paradiso per molti credenti nel Dio dei cristiani!
Per aver, secondo i sacri testi, i progenitori
dell’umanità voluto Conoscere la Verità, Disobbedendo a un preciso divieto del
loro Creatore di non mangiare il frutto pendente dall’albero della Conoscenza,
vennero da Lui cacciati dal paradiso terrestre, sì che per la Redenzione dell’uomo sarà, in seguito,
necessaria la Croce al Figlio e a milioni di Martiri che Si sono Sacrificati
per la sua Gloria e, a Coloro che avrebbero voluto Vivere la Vita,
TestimoniandoLo con rigorosa Coerenza, magari, ma non con sofferenze immani, come
il nostro Silvio e nostra Madre.
CI Chiediamo: ”Perché?” Sappiamo benissimo che
il nostro ingenuo, quasi Leopardiano, “Perché?” susciterà l’irato disprezzo di
qualche forcaiolo fondamentalista cattolico che s’aggira per i vicoli bitontini
a stigmatizzare con l’aggettivo “beceri” quanti non fanno parte della congrega
dei devoti a pio dodicesimo e al
razzista padre gemelli, ma è tutto ciò che a Dio Domanderemmo se NOI fossimo in
Lui Credenti, ad onta delle minacce del fuoco grugnite dall’ignazio di loyola
di casa nostra.
I nostri 25 Lettori si maraviglieranno della nostra
Conversione? Non si tratta di discontinuità ideologica. Tutto,”contra”, è molto
più semplice e spiegabile. Nel pomeriggio di mercoledì 12 novembre, facendo
“zapping” tra i programmi televisivi, C’Imbattemmo nel Racconto che Ottavio
Dissegna stava Facendo per i
telespettatori de “La vita in diretta” della Vita e della Morte Prematura di
suo Figlio Silvio.
Che nato il 1° luglio del 1967 a Moncalieri (TO), era morto
a Poirino (TO) il 24 settembre del 1979 per un sarcoma osseo, “eroicamente”,
Abbracciato alla malattia sua, per Abbracciare Gesù, Diremmo.
La Bellezza non
esclude niente: Dolore, Sofferenza, Malattia, Sanità del Corpo e della Mente,
Felicità, Amore, Odio, Carne, Spiritualità, Libido, Pietà.
E, poiché “Kalòs” (Bello)
in Greco ha la medesima radice di “Kalein” (Chiamare, Ravvivare, Riaccendere,
Commuovere), siamo stati Presi dalla Bella Storia di Silvio che giovanni paolo II
ha chiamato “Servo di Dio” e francesco “Venerabile”.
Sarà Silvio Elevato agli
Onori e alla Gloria delle are ? Il canone prescrive che debba fare un miracolo,
almeno uno. Ma il vero Miracolo fu che Silvio Nacque, che Visse “Lieto del suo
Librarsi nuovo ed inaudito”, che Morì e la Morte, per Parafrasare F. Schiller,
quasi Dea dalle gote rosa, Sorridendo, il calice d’eterna ambrosia Gli Porse.