Due giorni senza smartphone.
Innanzitutto, due giorni senza una brutta parola. E già è qualcosa.
Meglio, senza la schiavitù del polpastrello che pesta speranzoso icone che rimandano ad un reticolo di relazioni web, cioè virtuali, che presto si trasformano in legacci (già, non legami) indissolubili.
Occhi sul display, perennemente.
Invece, la tecnologia che va in tilt per qualche goccia di divina piova – fonte battesimale di vera palingenesi? – e ritorno a carezzare libri, sfogliare pagine, tomi che s’aprono come ali di rondini verso il cielo della libertà.
I racconti de La Fiaccola del poeta Renzo Ricchi, l’incredibile chicca di Gioannbrerafucarlo Introduzione alla vita saggia e Olimpiadi senza miti del “mio” Vladimiro Caminiti tornano a farmi compagnia nei miei viaggi andriesi.
Frattanto, il resto della ciurma da Bitonto continua a fare il suo dovere. Più che egregiamente.
Coraggiosi, impareggiabili e trafelati, i ragazzi sono sul pezzo, ovunque accada qualcosa che possa essere notizia e offrirla alla moltitudine dei lettori (mai paghi di cotanto sacrificio).
Un incidente stradale, forse l’asfalto reso insidioso dal diluvio, una strada notoriamente assassina. Perde la vita un giovane trentaduenne di Terlizzi sulla sp 231, all’incrocio che mena a Palombaio.
Attimi felici, sogni bellissimi, battiti del cuore: tutto rotolato in un vortice di nulla e nel mare doloroso delle lacrime di chi gli voleva bene davvero…
* * * *
Seguendo i sentieri imperscrutabili dell’esistenza, complici disavventure legali – capita, nei giorni che ci toccano quaggiù, che non tutti gli uomini siano assiduati e quindi, vi incappi malgré toi -, vo a far visita a due amici avvocati, sul far della sera.
Pigio il bottoncino del campanello, senza badare alle targhe bronzee, che credo di conoscere a memoria.
Viene ad aprirmi Francesco, livido volto senza luce.
“Hai sentito quel che è successo?” e penso che la sua domanda nasca da professionale curiosità a proposito del dramma stradale succitato.
Macché.
Piano, con silenzioso gesto, mi schiude l’uscio dello studiolo a sinistra.
Le carte sono immote, la lampada spenta, la poltroncina dietro la scrivania un poco girata verso la porta, come di un’anima soffiata via qualche minuto prima…
Antonio non c’è più.
“L’ultimo contatto whattsapp alle 19.48 e poi?”. Il cruccio che martella il cuore sconvolto.
Arriva Vincenzo, ancora più sgomento.
“E’ incredibile, è incredibile” e scuote il capo come per scrollarsi un tarlo invisibile di dosso.
“Lui faceva sempre stradine particolari per arrivare prima a casa ed evitare il traffico. Era troppo, troppo bravo. Ed un ottimo sub“, sussurra ancora Francesco e saltabecca da un sito all’altro per trovare dettagli che possano chiarire la tragedia.
Il biancore dello studio è muto di nostalgia.
Tutto è davvero assurdo.
Ma, in fondo, è solo la vita. Ed il suo contrario, quando cozzano in quel preciso istante, che tutto annichilisce.
Mi salutano così, con un sorriso ferito, le due anime straziate degli amici dell’indimenticabile Antonio…