Nell’ultimo
numero del periodico mensile “da Bitonto”, uscito nelle edicole cittadine da
circa una decina di giorni, a pag. 8, nella sezione dedicata alla Politica, c’è
una interessante intervista al dott. Giuseppe
Lonardelli, tecnico di area PD e componente della Commissione Sanitaria Paritetica, che nei mesi scorsi ha lavorato
alla redazione di un documento che potrebbe rappresentare il punto di svolta
della sanità bitontina.
Qui
di seguito riportiamo l’intervista integrale al dott. Lonardelli. Una chiacchierata
a 360° che parte dall’origine della Commissione Sanitaria Paritetica, analizza
la situazione della sanità locale oggi e le eredità del passato, propone le
richieste emerse dal documento stilato e guarda alle prospettive ed aspettative
future.
«L’Amministrazione lo scorso 26 giugno era venuta in
Consiglio comunale con una discussione libera sulla sanità e non con l’idea
della Commissione – ha esordito Lonardelli
nel ricostruire le tappe del viaggio che in estate ha caratterizzato la
Commissione Sanitaria Paritetica –. Ma
una proposta del consigliere del PD
Francesco Paolo Ricci ha riportato il percorso sulla strada della
riappropriazione, da parte del Consiglio comunale, della tematica, che nel
passato è stata oggetto di divisioni. Mai nessuno era riuscito a mettere
insieme le varie componenti della città. E questa Commissione ha tolto
l’argomento da speculazioni e dalla confusione che finora ci sono state. Non
abbiamo mai inteso prendere in giro i cittadini con marce e proposte
demagogiche ma abbiamo sempre pensato di offrire alla città dei servizi
sanitari sicuri, efficienti ed adeguati ai tempi, anche nella modalità di
erogazione».
«Questo documento è un
miracolo a Bitonto, visto il livello di polemica e divisione di cui purtroppo
il sindaco è campione – ha aggiunto l’esponente
piddino –. È stato importante questo
percorso condiviso in cui il consesso comunale si riappropria della capacità
di sintesi e di interessi per la propria città. Ed infatti, il Consiglio comunale, con un sussulto di
saggezza, è riuscito a mettere attorno allo stesso tavolo tutte le forze
politiche e le associazioni, avvalendosi anche di tecnici, come il dott.
Stefano Fracascio, il dott. Gaetano Bufano, il dott. Giacomo Schiraldi e il
dott. Giovanni Ciccarone, nella doppia veste di tecnico e consigliere comunale,
che ha fatto un ottimo lavoro di mediazione tra parte politica e tecnici,
quest’ultimi col compito di trasformare in proposte concrete tutto ciò che
proveniva dal tavolo. Nessuno si è sentito con una casacca addosso. Il sindaco
ha lasciato lavorare, e nell’ultima seduta ha partecipato per prendere atto del
lavoro svolto e farlo proprio, tanto da presentarlo al Consiglio comunale».
Due
mesi di lavoro serrato e spedito. «Il
documento è stato chiuso e rassegnato ad inizio settembre, lavorando quindi nei
mesi di luglio ed agosto. E nel Consiglio comunale del 25 settembre il
documento è stato licenziato dal consiglio comunale all’unanimità ed inviato al
presidente della Regione Puglia, Nichi
Vendola, all’assessore al Welfare, Donato
Pentassuglia, e al direttore generale della ASL Bari, Domenico Colasanto. Perché noi vogliamo risposte da questa giunta
regionale e quando verranno a fare la campagna elettorale per le regionali qui
a Bitonto poi ne riparleremo. Siamo disposti a farci sentire ed alzare la voce
secondo i metodi consentiti dalla legge, come il voto».
Lonardelli
poi si sofferma su una ricostruzione storica e temporale sul percorso di
rimodulazione del sistema sanitario nazionale e locale.
«Il superamento dei piccoli ospedali era partito in Italia
già negli anni 80, già in diverse Regioni si pensava a pochi ospedali
attrezzati, tecnologici e sicuri. Chi si è battuto per mantenere piccoli
ospedali o l’ha fatto per motivi politico-demagogici oppure per motivi
corporativi, mai con l’intento di tutelare la salute della popolazione. È
evidente che ove si toglieva l’ospedale ai cittadini si dovessero dare, come
riconoscimento, dei servizi che oggi rappresentano il superamento
dell’ospedale, e di questo già ne parlava la legge Mariotti del ’68. I decisori
pubblici non devono togliere ma trasformare, convertire, l’assistenza deve
esserci sempre ma con modalità che la tecnologia e l’evoluzione della scienza
medica ci consentono. Ad esempio, oggi l’80% delle pratiche chirurgiche non hanno
più bisogno del ricovero, basta un day-service, mentre il day-surgery ha
bisogno pur sempre del ricovero. La Regione aveva deliberato la proposta di
introduzione dei day-service a Bitonto con la deliberazione n.2396 del
20/12/2011. La risposta della Regione è arrivata con la delibera n.1202 del
18/06/2014. C’è da dare atto che direzione generale della ASL di Bari aveva già tracciato il da farsi, ma in mezzo ci sono stati anche i tagli della
spending review e cambi nell’assessorato».
Di
sanità se ne sarebbe potuto parlare anche nella recente Festa de l’Unità,
tenutasi ad inizio settembre, ma la sezione locale del PD ha fatto una scelta
ben precisa. «Nell’ultima Festa de
L’Unità non abbiamo parlato volutamente di sanità perché eravamo nella seccata attesa
di risposte da parte della Regione. L’assessore Gentile l’anno scorso ha
preso degli impegni a Bitonto che però ha mantenuto dopo un anno. E poi c’era
in corso una condivisione di ricerca delle soluzioni».
Ma
torniamo al documento elaborato e ai suoi contenuti, ovvero le richieste
avanzate dalla comunità bitontina alla Regione Puglia. «Il cuore di questa richieste, tutte realizzabili, sono due: al netto
dell’accorpamento, chiediamo che la sede
del distretto sia Bitonto perché è il comune più popoloso e presenta una ex
struttura ospedaliera, ancora parzialmente riconvertita. E candidiamo Bitonto ad avere il Poliambulatorio di terzo livello
dell’area nord, previsto ogni 400mila abitanti. Per questo bisogna portare
nella conferenza dei sindaci della nascente Città metropolitana questa
candidatura, considerando che Bitonto presenta collegamenti stradali e
ferroviari e può giungere facilmente alla quota di 400mila abitanti in quanto
da noi gravitano i quartieri nord di Bari (San Paolo, San Pio) oltre a Giovinazzo,
Molfetta, Terlizzi, Palo del Colle e Grumo Appula. Abbiamo già il 60-70% delle
specialità previste nel poliambulatorio, vanno solo potenziate, e soprattutto
diamo a Bitonto la vocazione di una preminente attività di day-service chirurgico,
in particolare con Otorino, Urologia, Chirurgia, Ginecologia, e con le Patologie
delle età evolutive. Con questa operazione noi offriamo alla cittadinanza le
stesse cose, più moderne, che offriva il vecchio ospedale di Bitonto».
Ed
ancora. «Manteniamo aperto il laboratorio
di analisi. Abbiamo puntato alla deospedalizzazione: abbiamo chiesto la
realizzazione di una Unità Complessa di
Cure Primarie (UCCP), ovvero dei posti letto tecnici gestiti dai medici di
medicina generale per seguire temporaneamente delle patologie complesse che
hanno bisogno di un ambiente un po’ più protetto. Chiediamo l’istituzione di un Servizio di Continuità Assistenziale
Pediatrica, una sorta di Guardia Medica pediatrica; il potenziamento dell’ADI, l’Assistenza Domiciliare Integrata. Per il pronto soccorso
continuiamo a chiedere il punto di Primo intervento territoriale e il punto di
Primo intervento avanzato, con posti letto di osservazione. Il primo intervento
deve passare dalla sicurezza e dalla migliore assistenza nel minor tempo
possibile. Vogliamo il potenziamento del servizio di 118 medicalizzato e della Farmacia
Territoriale».
Queste
le richieste. Ma quali le speranze? Ovvero, cosa si spera di ottenere? Quali
risposte si attendono da estramurale Capruzzi?
«Innanzitutto spero che dopo questo episodio politico-sociale
rilevante per la nostra città, nessuno in futuro voglia fare demagogia e
polemica politica su argomenti del genere. Il primo risultato ottenuto è
infatti quello di aver ricomposto un tessuto sociale lacerato. Delle richieste
fatte, poi, si potrebbe ottenere quasi tutto. In questo momento lo Stato sta investendo molto sulla medicina di
prossimità, quella più vicina al luogo di lavoro e di vita dei cittadini. E c’è
una cultura di Governo che favorisce questi interventi. Le nostre sono
richieste scritte nel Patto della Salute persino dal ministro Beatrice
Lorenzin. Noi abbiamo chiesto delle cose ma siamo disposti a discutere e
trattare, senza fare “il mercato delle vacche”. Ci devono dire se sono realizzabili
o meno, e perché. Noi crediamo siano tutte fattibili ed vanno anche nella
direzione dei loro interessi perché si riducono i ricoveri, si risparmiano i
soldi, e si fa economia di scala, risolvendo i problemi e portando introiti
alla ASL».
Chiusura
con l’impatto del documento sulla nostra città. «Questo documento viene inserito in un sistema di Welfare diffuso della
nostra città, che è all’avanguardia a livello nazionale e forse europeo. Non
so quante comunità abbiano risposte al fine vita, con l’Hospice, alle cronicità,
con il centro Alzheimer, al “dopo di noi” con l’ASP dell’Istituto Maria Cristina,
al socio-assistenziale delle strutture protette e nessuna privata. Tutte
pubbliche, no profit o onlus. E questo grazie alla lungimiranza di chi ha visto
lontano, ha investito nei Piani Urban. Ad esempio, “Raggio di Sole” è l’unico
centro per i malati di AIDS in tutto il sud Italia».