Già
guardandola negli occhi, si capisce al volo che Rita Mele è una
donna combattiva.
E
quella sua voglia di lottare e di essere bonariamente caparbia la
dimostrerà anche adesso che è costretta su una sedia rotella e con
una gamba ingessata per colpa di uno sportellone della cassetta
dell’Enel.
Già,
perché per questa 56enne insegnante di italiano, storia e inglese
alla scuola primaria, dell’infanzia e (in parte) media dell’istituto
comprensivo “Caiati – Rogadeo” di via Abbaticchio, è proprio
questo che fa rabbia. Essere stata messa ko da una cassetta dell’Enel
e soprattutto dall’incuria e dal menefreghismo di chi non ha fatto
niente per ripararla. Nonostante le segnalazioni.
Martedì
14 ottobre. Sono le 13,40 e un’altra giornata scolastica è finita. I
bambini sono andati via e la signora Rita stava tornando a casa, ma
la cattiva sorte vuole che lo sportellone della cassetta dell’Enel
posta dinanzi all’entrata dell’istituto si stacchi e le cada proprio
sul piede.
«Ho
sentito subito un dolore fortissimo al piede – commenta
la signora – e per questo la mia collega mi accompagna al Punto di primo
intervento dell’ex ospedale di Bitonto». Prima
di continuare, però, Rita non può fare a meno di ricordare un
dettaglio importante, il punto più oscuro dell’intera vicenda. «Da
almeno un paio d’anni quella cassetta dell’Enel non è in stato di
sicurezza – sospira
– ed è
spesso un nostro collaboratore scolastico a tentare di renderlo il
meno pericoloso possibile. Ho segnalato tante volte alla scuola il
disagio assieme ad alcune mie colleghe, e la scuola si è subito
mobilitata scrivendo più volte al Comune, ma mai nessuno si è
affacciato per ripararlo». «A Bitonto – prosegue
Rita – decidono
di mandarmi all’ospedale di Molfetta, dove mi sottopongono a una
radiografia e a una visita ortopedica. E il referto parla chiaro:frattura al malleolo esterno chiuso e infrazione peroneale a destra».
Cosa
vuol dire? Semplice: un mese seduta su una sedia a rotelle con la
gamba ingessata, e 8 giorni senza poter muovere l’arto.
«A
maggio poteva succedere la stessa cosa a una mia collega – ricorda
la docente – ma
lei è stata più fortunata di me. Dove è la sicurezza degli edifici
scolastici di cui tanto si parla? E cosa sarebbe potuto accadere se
al mio posto ci fosse stato un bambino?».
E
in una scuola dove i pargoli hanno un’età tra i 3 e gli 11 anni, è
questo il rischio più grande che Rita vuole evitare, e che le
infligerebbe una ferita al cuore molto più dura da rimarginare.
«Per
questo – conclude
– ho deciso di
denunciare quello che mi è successo. Quello che è mi è capitato
non accadere a un bambino».
Chi
di dovere lo capirà?