Come
ricordare a noi e trasmettere alle future generazioni la personalità di Carmine
Gallo?Come
potrà essere possibile racchiudere in un sostantivo l’attività di Carmine
Gallo?
Avvocato?
Lo
fu senza senz’altro, ma quel suo titolo non completa la sua immagine.
Eppure
per molti di noi è stato semplicemente «l’avvocato».
Politico?
Lo
fu, ma quella sua testimonianza non trasmette pienamente il suo pensiero, la
sua azione, i suoi ideali.
Carmine
Gallo sfugge a qualsiasi classificazione politica, a qualsiasi inserimento in
una precisa professione sociale.
Per
conoscerlo andrebbe raccontato, forse solo così si riuscirebbe a cogliere la
ricchezza del suo pensiero, la vulcanica sua azione. Tutto quello che ha detto
e che ha fatto, non ha detto e non ha fatto per mestiere.
La
sua azione non rispondeva ad una prescritta etica sociale, ma a degli
ideali che anticipavano sempre
l’ordinarietà e che non rispondevano a quello che la gente chiama “senso
comune”, consuetudine.
Chi
è stato Carmine Gallo?
E’
stato soprattutto un uomo di cultura. Lui ha sempre vissuto contemporaneamente
il passato e il futuro e li viveva meravigliosamente in armonia. Non era facile
seguirlo in questa sintesi storica e ascoltarlo quando parlava con entusiasmo
di alcuni personaggi del passato e subito dopo passare ad entusiasmarsi di
alcuni protagonisti del presente.
L’avvocato
ha saputo trasmettere a molti di noi la memoria del passato e l’impegno per il
futuro. Non una memoria arida, attinta solo dai libri, ma viva perché attinta
dalla vita. I grandi protagonisti erano tali solo perché inseriti pienamente
nella vita del loro tempo, fra la gente del loro tempo, non erano dei giganti
isolati.
Si
entusiasmava quando parlava di Vincenzo Rogadeo, al quale voleva dedicare una
scultura da inserire in una di quelle nicchie che fronteggiano la prima rampa
di scale del palazzo Rogadeo. Ma di Rogadeo lo entusiasmava la sua apertura
culturale che lo portò, da sindaco di Bitonto (1870-1875) a promuovere un
“consorzio per oli tipici”, un “gabinetto di lettura” e una
“scuola serale di disegno”, oltre che occuparsi della viabilità e
accessi ferroviari. E per l’avvocato, Rogadeo rappresentava l’uomo capace di
concretizzare in azione il pensiero. Ecco perché l’avvocato non ha mai
imprigionato Rogadeo nel passato.
Se
si entusiasmava di Rogadeo il suo volto poi si illuminava quando passava a
parlare di Giovanni XXIII, del Concilio, di don Milani, di don Mazzolari.
Personaggi scomodi, coraggiosi, liberi. Un entusiasmo non dettato da una moda
del tempo ma dall’azione svolta da questi personaggi capaci di svegliare le
coscienze dei cattolici. Vedeva in loro gli architetti del futuro.
Riconosceva
come grande protagonista della storia di Bitonto il bracciante, al quale voleva
dedicare una scultura da inserire nella seconda delle già citate nicchie, ma il
suo ideale è stato la promozione del bracciante attraverso la creazione di una
cooperativa che aiutasse a superare la frantumazione della proprietà agricola.
Amava la frugalità, ma la sua signorilità è stata sempre apprezzata. Amava la
campagna come la può amare un poeta, ma ha lottato perché la campagna
diventasse veramente la ricchezza del Mezzogiorno. Questa sua radicalità nella
storia del suo paese, e questo suo continuo incitamento a guardare oltre il
presente, tutto questo lo rendeva spesso incredibile, talvolta paradossale. Non
ha amato con nostalgia il passato, ha amato i protagonisti del passato che
gratuitamente hanno agito a favore della popolazione. Del presente condannava
il fariseismo, il clericalismo, il carrierismo politico, la libera
sottomissione, talvolta libera e gioiosa schiavitù, nei confronti di alcuni
personaggi.
Ha
cercato di liberare le coscienze dai luoghi comuni, dalle adesioni emotive
verso i partiti, verso la stessa religione.
Ha
lottato per un futuro che non fosse semplice ripetizione del presente.
Ma
come presentare in una sintesi questo figlio e padre della nostra città?
Sono
grato a Georges Hourdin (1899 – 1999)giornalista e saggista francese fondatore della rivista La Vie catholique, per avermi offerto una chiave di lettura che vi
sottopongo.
Hourdin
ha scritto che “La vita quotidiana per ciascuno di noi, ha 4 forze, 4
dimensioni che si congiungono e si rinforzano l’un l’altra: la felicità di
amare, la felicità di lavorare, la felicità di avere un ruolo sociale che
permetta di migliorare la vita della gente e, per finire, la felicità di
credere”.
Si
tratta di 4 forze che agiscono in ogni uomo e che sono fonte di felicità.
Una
felicità che non è soddisfazione di ciò che si è raggiunto, non è godimento di
ciò che si possiede ma, come per Seneca,
è frutto di un impegno verso la verità: “Nessuno
può dirsi felice (beatus) lontano
dalla verità”.
La
definizione di Seneca, quella felicità che è beatitudine, ha riportato alla
mente uno dei passi evangelici che l’avvocato amava ripetere, il passo delle
Beatitudini. Beatitudini che sono promesse al futuro per un’azione svolta nel
presente.
È
questa la dimensione di felicità, una dimensione di preparazione alla felicità
più che di presenza, una felicità legata alla ricerca della verità più che al
benessere, all’autoaffermazione.
Questa
dimensione di felicità forse ci aiuterà a conoscere meglio Carmine Gallo.
Felicità
di amare. “Molto sarà perdonato a chi avrà saputo amare”
è stata una delle frasi molto spesso ripetuta dall’avvocato e che gli
consentiva un diverso approccio con i suoi contemporanei dettato dalla
singolarità dell’interlocutore.
Un
amore dalle diverse latitudini, un amore da conquistare giorno per giorno per
essere salvati dalla consuetudine, dall’orgoglio e da qualsiasi presunzione.
Uno
degli aspetti della felicità di amare per l’avvocato lo possiamo trovare nella
Prima Lettera di Paolo ai Corinti: “L’amore
è paziente, è benevolo; l’amore non invidia; l’amore non si vanta, non si
gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse,
non s’inasprisce, non addebita il male, non gode dell’ingiustizia, ma gioisce
con la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta
ogni cosa. L’amore non verrà mai meno”.
O
nelle Confessioni di Sant’Agostino: “Il
mio peso è il mio amore; esso mi porta dovunque mi porto“.
Molto
spesso il nostro moralismo non ci ha concesso di conoscere l’animo di
molti che camminavano con passo più
svelto del nostro.
Felicità
di lavorare. La
felicità cioè di educare le nuove generazioni, di liberarle dai lacci delle
presunzioni, dei tradizionalismi, del servilismo. Quanti libri donati, vere e
proprie dinamiti che rompevano vecchi schemi e aprivano al futuro. Quante
riviste lasciava nelle nostre mani perché fossero lette, quante fotocopie,
quanti semi di speranza per una città che fosse viva e che sapesse leggere il
linguaggio dei tempi.
La
felicità del suo ruolo sociale teso
a migliorare la vita della gente. L’Istituto Maria Cristina e la sua nuova
dimensione umana, la Casa di Riposo e la difesa della dignità dell’anziano.
Ancora prima l’Ente comunale di assistenza di Bitonto: l’elemosina trasformata
in carità fraterna. E l’Oleificio cooperativo con la valorizzazione della Cima
di Bitonto. Ma soprattutto quante iniziative per avvicinare i giovani ad una
politica nuova che non fosse dettata dal carrierismo.
I
primi Movimenti politici, al di fuori dei partiti, hanno avuto a Bitonto il
consenso e l’aiuto dell’avvocato.
Sulla
sua tomba rimane la sua immagine con le braccia spalancate che ricorda l’inaugurazione
di uno dei Movimenti. È l’immagine della speranza, dell’accoglienza, della
disponibilità.
La
felicità di credere.Credere nella giustizia purché non fosse solo punitiva. Credere nella
fratellanza umana al di là delle divisioni politiche, religiose. Credere in Dio
con la stessa passione e sincerità dei grandi Santi: Credo ma aiuta la mia
incredulità. C’è un particolare che vorrei ricordare. Questa strada che
ricorderà il suo nome è situata nel territorio della parrocchia di Cristo Re
dove, molto spesso, negli ultimi anni della sua vita, l’avvocato amava
soffermarsi la domenica alla Messa delle ore 10. Ascoltava l’omelia, seduto in
uno degli ultimi banchi, e dopo la celebrazione la commentava e la completava
seguendo i suoi ideali.
Non
ha mai abbandonato la sua laicità. Esultava nel leggere i passi di S. Paolo.
Amava le Confessioni di S. Agostino. Rimproverava al clero una cultura
canonistica, lui che si stava specializzando in Diritto canonico a Roma, e una
scarsa conoscenza dei Padri della Chiesa.
Ho
detto molto e certamente le mie parole non sono state capaci di valutare
adeguatamente la ricchezza umana di Carmine Gallo.
Potrà
una lapide stradale trasmettere ai cittadini che vi abitano e a quelli che vi
passano la ricchezza di una vita?
Forse
con la dedica di una strada molti di noi saranno più tranquilli per aver almeno
salvato dall’oblio un nome, ma certamente noi tutti, e la stessa città di
Bitonto, non avremo, con una lapide stradale, saldato sufficientemente un
debito di gratitudine.
Al
Comune di Bitonto volle regalare un’immagine di Papa Giovanni e chiese che
fosse posta sulla scrivania del Sindaco. Non so se ci sia ancora e non so se
sia stata quell’immagine uno dei tanti soprammobili.
Certamente
si può amministrare anche senza immagini, ma non si può amministrare senza gli
ideali che Carmine Gallo ha cercato di seminare nella sua città.
Cosa
dire se non ringraziare ancora una volta l’avvocato?
Mi
rendo conto che forse questo ringraziamento non appartiene alla dimensione
umana di Carmine Gallo, ma gli va rivolto.
Grazie
avvocato per aver aperto Bitonto al soffio del futuro, per aver cercato di
liberarla da un miope municipalismo.
Grazie
per averci ricordato Salvemini e la sua attenzione verso i diseredati di
Bitonto, grazie per averci fatto conoscere La Pira, Balducci, Mazzolari.
Grazie
per l’entusiasmo tutto laico nell’aver saputo apprezzare i grandi e nuovi
traguardi del Concilio e nel trasmetterli a tutti coloro che incontravi.
Grazie
per le tante volte che hai denunziato il silenzio dei benpensanti e il pesante
silenzio degli stessi cattolici.
Non sarà
facile, ma cercheremo di conservare il tuo spirito libero.