La donna ha tra i capelli impigliato l’oro d’un sole lontano e sferruzza all’uncinetto con aria distratta.
Il balcone antico, quasi sospeso sul viale alberato, è largo tanto da accogliere lei ed un vecchietto seduto sopra una carrozzina, addossata al muro un poco sbreccato.
Lui, persino un maglione azzurro di lana-il freddo presago che senti nel petto non conosce calde stagioni-, nel dardeggiare feroce del mezzodì cerca di rapire l’ombra fugace dei rami, che dondolano al soffio del vento.
Lei, tutta intenta alla sua opera di sarta improvvisata, ogni poco sbuffa: “Ma che vuoi, che vuoi?“.
L’uomo, muto per qualche minuto, affondato in quella sedia a rotelle, infine esala a fatica una parola: “Moglie“.
La donna quasi non ne può più: “Ma quante volte devo dire a te. Io non tua moglie, io badante tua“.
Passa una rondine e sfiora la grondaia, con l’aluccia sembra faccia ciao al cuore del vecchietto.
E poi s’immerge nell’azzurro, roteando fra le rare nuvole bianche.
Quell’improvvisa carezza attraversa il corpo ferito dagli anni dell’uomo e lo aiuta a trovare la forza di sospirare: “Mi manca mia moglie“.
“Va bene, ma cosa posso fare io?“, lei spazientita lo sferza.
E chissà in quale vasto mare di ricordi, bellissimi e atrocissimi, s’è perduto il cuore di quel vecchietto, che piano, silenziosamente comincia a piangere.
“Ecco, vedi, tu avere allergia, rientriamo“, ordina rampognandolo.
Già, l’allergia.
Cigolano le ruote della carrozzina sui mattoni di cotto slavato.
La finestra sbatte, facendo tremare i vetri.
La troverà chiusa anche la rondinella, che voleva salutare il vecchietto e con gli occhietti tristi è volata via…