Cara
Lizia, c’è che la memoria del cuore è eterna.
Così un giorno vale mille giorni
e viceversa.
Il trito scialo delle ore abbandona sempre orme di ricordi.
Indelebili.
Inobliabili.
Incancellabili. Soprattutto se hai amato con purezza
e dolcezza.
Mani che si intrecciano e non si slegano più. Le tue e quelle di
Peppino, il tuo Peppino. L’ingegnere di gran vaglia Parisi, che ha cambiato il volto di una città sul mare molto prima che arrivasse un sindaco con le giuste entrature nei ministeri.
Storie come non ce ne sono più, la vostra.
Questa è la verità.
Il
sentimento più prezioso oggi è il più stuprato, ogni promessa “per sempre” è più
effimera d’un istante fugace.
Da sempre, tu cerchi nei palpiti più misteriosi la
grammatica per decodificare il linguaggio della vita.
E, oggi, la dicotomia è
tutta lì: tra l’essere e l’esserci, tra il lasciarsi vivere – comodo, persino
rasserenante, senza responsabilità essendo – e il decidere di esistere, il
voler essere – atroce, doloroso, persino lancinante poiché risponde al criterio
dell’autenticità.
Vedi, cara Lizia, c’è chi dice di essere poeta e chi, invece,
lo è per davvero.
E sono felice di scriverlo a te, che appartieni a pieno
titolo alla seconda risma.
Ogni verso per te è lacrima che stilla dolore sulla pagina
bianca.
E non aiutano questi (a)social network, dove pure è tutto uno sciabolar di citazioni e pensieri profondissimi come la quiete tutt’altro che leopardiana, comunità virtuali che impongono
l’isolamento in una stanza o la chiusura a tu per tu con un display di smartphone per
accontentare il narcisismo di un ego ormai irrimediabilmente sfarinato. Supremo inganno è quel monitor che si fa sempre più sottile come uno specchio vuoto.
Scrivo e mi
accorgo che ho usato tante, troppe parole del gergo dei pirati del Seicento che
fu la lingua inglese. Ti chiedo venia anche per questo.
È la galleria delle
vanità, è la fiera della menzogna, è la sfilata delle maschere.
E sai qual è il
guaio più grosso?
Che oggi quella finzione sta rimbalzando pure nella vita vera
e ci sfugge così la verità del cuore.
Io so che tu, nel segreto del verso
scolpito sull’anima tormentata, cerchi anche la ragione per continuare a
contemplare aurore.
“La poesia è una leggenda gonfia d’amore” scriveva Alda
Merini in uno di quelli che i benpensanti pensavano fossero deliri ed erano
solo divine illuminazioni.
Concordo con te, il tempo è tarlato da “memorie insopportabili/precise come miniature/scarnificate e strazianti…”,
ma è solo il rodio delle rimembranze che schiude mattini di giovanile primavera
nel cuore che sente l’autunno calare inesorabilmente.
Non esiste confine tra passato e presente, esiste il poeta che sfiora
l’infinito a costo di mille rinunce.
Il tempo è porzione d’eterno ed il traguardo
è la morte. È il nulla che apre le porte al tutto.
Spesso, crediamo di essere assoluti, il mondo nasce e finisce con noi. E allora sbuffiamo, ci inalberiamo, ci adiriamo per un nonnulla.
E, invece, siamo breve soffio nel vento della Storia.
Cara Lizia, ti rendo ancora grazie
per i versi che hai donato a tutti noi e ancora doni nell’estremo, universale offrirsi di
chi poetessa lo è per davvero…
Consolatoria per me questa scrittura…
20 FEBBRAIO 2009 – 20 FEBBRAIO 2014
ANNIVERSARIO
5
Son passati giorni
mesi e mesi…
Son passati così cinque anni
tra ritmi insensati
stupori e amarezze
dell’esistenza…
Ma il dolore…
Il dolore è lì
fermo in mezzo al petto
incastrato e inscritto
in una ferita
che non si fa mai cicatrice.
Non voglio il silenzio
su questo tempo tarlato
da memorie insopportabili
precise come miniature
scarnificate e strazianti…
Non voglio tacere
i brandelli esausti dell’inquietudine
la mia divergenza dalla vita
malgrado qualche distratta
conquista di quiete…
Si confondono le linee di confine
tra passato e presente.
E ci sono crepe
sulla vernice dei ricordi…
Ma in certi dettagli
che solo io ho vissuto
costruisco la voglia di resistere
senza deragliare…
Lizia De Leo