Eccolo, nel suo prepotente fluire. Il Tiflis (la Majn cosiddetta)
E’ la nostra anima fatta d’acqua, di secoli, di storie.
L’origine del nome, probabilmente qualcosa in comune con molti fiumi, ad esempio il Tevere capitolino.
Vispo torrente un millennio e passa fa, era la culla di una fiera civiltà anche preistorica – pensiamoci, specie a petto delle mestizie odierne – che trovava dimora sui costoni della Lama, in grotte profonde e rassicuranti.
Il carsismo lo ha condannato ad una vita ridotta, quando non sotterranea.
Poi, bastano due giorni di piogge ininterrotte e riprende a scorrere nel suo greto che dovrebbe dare nome ad un Parco Regionale, del quale tanto di favoleggia in convegni e conferenze e per il quale sicuramente vengono stanziate cifre considerevoli, ma a noi pare ancora ricettacolo ignobile di costruzioni abusive, rifiuti di ogni sorta e persino auto rubate.
D’estate, involto e abbandonato com’è, diviene luogo prediletto per l’estro di piromani anonimi e stolti.
Oggi, mercé le abbondanti precipitazioni, è di nuovo fra noi.
E nel suo risuonare tra gli argini antichi avanza la sua legittima paternità nei confronti dei mille fiumiciattoli che rendono quasi (un “quasi” di prudenza, forse inutile) tutte le strade della città un beffardo bacino idrico, molto copioso e variegato purtroppo.
Ed è superfluo aggiungere che innumerevoli sono i disagi per i cittadini.
S’attende la fogna bianca, anche se molti bitontini la vedono nera…