Nascono girando per la città i racconti di Ferdinando Pinto. Spesso sull’autobus, perché “l’ispirazione può venire il qualsiasi momento”. E allora l’idea la si appunta sul cellulare e poi, quando si torna a casa, la si trasforma in un testo vero e proprio. Sono nati così i racconti di “La ragazza dal basco rosso”, raccolta di brevi narrazioni di Ferdinando “Ferdi” Pinto, presentata ieri al Torrione Angioino da Lizia Dagostino, a cura della Libreria del Teatro con la collaborazione di Sapia Santoruvo e dell’associazione Interarte.
Barese, 24enne, Pinto crea personaggi che sono parte di lui o di persone che lui ha conosciuto. Una narrazione quanto mai figlia della sua esperienza di vita. I frequenti abbandoni della scuola, nonostante il buon rendimento, a causa dell’eccessiva emotività che ha generato nell’adolescente Pinto una forma di repulsione verso l’ambiente scolastico. La solitudine di un giovane che amava scrivere, ma all’inizio lo faceva in modo confusionario e senza criterio. Quindi l’incontro con le persone giuste, su tutti Mario Gabriele, il suo “mentore”, come egli stesso lo definisce: un educatore di un centro diurno che ha convinto Ferdi a dare omogeneità alla sua voglia di scrivere, di raccontare storie che potessero diventare degli esempi. Quelle storie sono andate a comporre “La ragazza dal basco rosso” che prende il titolo dall’ultimo brano della raccolta, quello a cui l’autore si dice più affezionato.
“Un libro progettato insieme a Gabriele prima ancora che iniziassi a scriverlo – ha ricordato Pinto – e poi letto in anteprima da alcuni miei amici che hanno fatto da cavie e mi hanno dato consigli. Così sono nati racconti in cui io sono da esempio per ogni personaggio e viceversa”.
“Una serie di testi in cui i protagonisti sono spesso giovani che iniziano a relazionarsi – ha definito il libro la Dagostino – , in cui parlando di sé l’autore avvia un discorso che torna a sè in maniera risolutiva, porta il lettore a parlare, a dialogare con lui. Tutti i personaggi di questo libro si mettono la mano sulla coscienza, sono trasparenti, gli americani direbbero che fanno outing”.
Vivace e interattiva la presentazione, con una Lizia Dagostino che rende sottilissimo, fino quasi ad annullarlo, il confine tra “attori” e pubblico, coinvolgendo quest’ultimo, rendendolo artefice di un dialogo con l’autore che porta alla reciproca conoscenza di sé.