Michèle è una donna di successo. Dirige il team creativo di una società che sviluppa videogiochi. Una sera un uomo incappucciato irrompe nella sua abitazione e la violenta, da quel momento la reazione “non convenzionale” di una donna che procedendo quasi come se nulla fosse accaduto indaga sull’identità segreta del suo aggressore.
Riuscireste mai ad immaginare un thriller/dramma con tinte di black humor che si apre con uno stupro? Paul Verhoeven si, ce la fa e mette in scena una prima sequenza da antologia con in ordine: schermo nero, oggetti che cadono a terra e si rompono, gemiti e urla, primo piano su un gatto e poi l’inquadratura della protagonista e del suo stupratore a cose fatte.
D’altronde stiamo parlando di Verhoeven, regista di celebri cult degli anni 80 come Robocop, Basic Instinct e Atto di Forza, ma nonostante questa pellicola sia meno commerciale il regista riesce a inserire le sue tematiche come il nichilismo, la sessualità e l’instabilità dell’animo umano, il tutto creando un connubio perfetto tra i generi dato che il film spazia dalla commedia nera, al noir e al thriller e che mette al centro personaggi appartenenti alla borghesia. Proprio la borghesia sembra essere la vittima del regista, lo si nota non solo dalla reazione della protagonista, ma anche da tutti i comportamenti dei personaggi, sono tutti un pugno di alienati che vivono su di un altro pianeta, che non hanno la minima idea della realtà e che hanno reazioni imprevedibili, strane ma che noi comprendiamo in quanto genuine.
Il personaggio di Michèle interpretato da una magnifica Isabelle Huppert (candidata agli Oscar quest’anno come miglior attrice) è una donna algida, cinica che ha sempre tutto sotto controllo e che nonostante lo stupro non cambia affatto dopo il trauma, resta se stessa continuando in maniera normale la sua vita, in quanto predomina il suo istinto di conservazione. E’ spregiudicata più che un personaggio forte, ma che con il proseguire del film tenderà non tanto a cambiare, ma a stravolgere chiunque le sia accanto. In questo è stato nuovamente bravo Verhoeven che in tutta la sua cinematografia è sempre riuscito a valorizzare i personaggi femminili.
E’ inutile raccontare altro, poiché Elle è un film che va scoperto vedendolo, è come descrivervi a voce la “persistenza della memoria” di Dalì, non ha senso va visto direttamente con i propri occhi. Di certo non è un film per tutti, se vi aspettate un revenge movie siete sulla strada sbagliata, Elle è un film molto dialogato in cui si inseriscono poi all’interno molte sottotrame e che di certo non è un film leggero, ma anzi è un film cattivo che colpisce lo spettatore per la sua cruda realtà
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