Sarebbe stato uno scherzo
degno di Fatma Ruffini, storica autrice del programma televisivo “Scherzi a
Parte”, quanto avvenuto a danno di una nostra concittadina vittima di un vero e
proprio sequestro di persona durante la sfilata dei carri di carnevale in scena
il martedì grasso.
Nessuna voce fuori campo a
gridare la storica frase “sei su Scherzi
a Parte” ad interrompere l’incubo della giovane donna la quale, sotto minaccia, si è vista costretta a
condurre i malviventi all’interno della propria abitazione e a restarvi,
inerme, mentre questi la svaligiavano.
Il sequestro di persona,
previsto dal nostro Codice sostanziale all’Art. 605 C.P., rappresenta uno dei
reati storicamente più temuti contro la libertà personale, anche a causa dei
nomi illustri che nel tempo, per i più disparati motivi, sono stati associati a
detta fattispecie di reato.
La norma sopra citata,
difatti, stabilisce al primo comma che “chiunque
priva taluno della libertà personale è punito con la reclusione da sei mesi ad
otto anni.”
Appare pacifico, sin dalle
prime battute di questo articolo, che il Legislatore abbia individuato nella
libertà personale il bene giuridico da tutelare con l’Art. 605 C.P., la quale
va intesa come libertà di movimento in un dato spazio.
Non è necessario per la
configurazione del reato in esame, che la limitazione della libertà sia totale
e che quindi il soggetto non possa effettuare alcun movimento, essendo
sufficiente anche una limitazione parziale, come nel caso della nostra
concittadina la quale era rinchiusa nella propria abitazione conservando la
possibilità di muoversi all’interno (seppure interdetta dalla minaccia
dell’arma da sparo).
Il concetto di privazione
della libertà, pertanto, implica che tale stato debba protrarsi per una durata
minima giuridicamente apprezzabile e comunque non meramente momentanea.
Al fine di eseguire il
sequestro di persona, si puntualizza che appare irrilevante il mezzo con cui
viene realizzata la lesione della libertà personale, andando il Legislatore ad
equiparare sia la violenza fisica sul corpo che la minaccia (anche a mano
armata) finalizzata alla cristallizzazione del reato in esame.
Soggetto passivo e quindi
vittima del reato, può essere chiunque abbai una sia pur minima capacità di
movimento nello spazio.
Il soggetto agente risponderà,
sotto il profilo volitivo a titolo di dolo generico ed il fine in concreto
perseguito risulterà irrilevante a meno che non si tratti di una delle finalità
tipiche che determinano la riqualificazione del fatto in altre figure
delittuose come nel caso del sequestro di persona a scopo di estorsione
previsto ex Art. 630 C.P..
Il reato in esame, tuttavia,
presenta caratteri comuni con la figura delittuosa del reato di violenza
privato annoverato nel Codice Penale all’Art. 610.
Rispetto alla violenza
privata, infatti, la delimitazione tra le due fattispecie risulta individuabile
soltanto muovendo dalla definizione dei beni giuridici rispettivamente
tutelati: la libertà morale, tutelata dall’Art. 610 C.P., è lesa da quegli
interventi di terzi soggetti che turbano il processo di formazione della
volontà, ovvero impediscono l’attuazione della volontà liberamente formata, in
ordine ad una singola e determinata condotta (sia attiva che omissiva).
La libertà personale, di
contro, è lesa da quegli interventi di terzi soggetti che pongono ostacoli ad
una serie indefinita di volizioni cinetiche, ovvero di formare liberamente tali
volizioni.
Risulta consumato il reato di
sequestro di persona, pertanto, quando la condotta dell’agente si risolva non
già nella costrizione della vittima ad un singolo e determinato atto, bensì
nella privazione, per un periodo apprezzabile, della sua generica possibilità
di movimento nello spazio.
Appare opportuno precisare,
inoltre, che è possibile configurare un concorso tra violenza privata e
sequestro di persona quando la vittima venga privata (per un tempo
apprezzabile) della propria generica possibilità di movimento e, perdurando
questa situazione, venga ulteriormente costretta ad una determinata condotta,
attiva od omissiva.
Un’ipotesi concorsuale di
reati, inoltre, è ravvisabile tra il delitto di sequestro di persona e il reato
di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alla persona, dal
momento che la privazione della libertà personale della vittima non è elemento
costitutivo del delitto ex Art. 393 C.P. purchè, però, la privazione della
libertà personale della vittima si protragga oltre il tempo strettamente
indispensabile per la perpetrazione del reato di ragion fattazi, ed esorbiti
quindi da un rapporto di mera funzionalità rispetto a tale finalità,
acquistando autonomo rilievo.
Per completezza di
informazione nei confronti dei nostri affezionati lettori, appare opportuno
precisare che il delitto in esame è punito, d’ufficio, nell’ipotesi base come
sopra riportato in relazione al comma primo dell’Art. 605 C.P., mentre nelle
ipotesi previste al secondo comma la pena edittale è da stabilirsi nel minimo di
un anno e nel massimo di dieci anni di reclusione, pene che nelle ipotesi
aggravate sono da aumentarsi da un terzo sino alla metà.
Nonostante i limiti edittali
per tali ipotesi di reato prevedano aspre pene, riscontriamo ancora episodi di
sequestro di persone che molto spesso traumatizzano nel profondo dell’animo la
vittima creando un danno certamente superiore a quello patrimoniale, per il quale viene posto in essere.