L’analisi politica di Alan Friedman, noto
giornalista americano che conosce a fondo la realtà italiana, nel suo saggio “Ammazziamo
il Gattopardo” (Rizzoli, 2014) risponde a questa domanda dal punto di vista
di un esperto di economia ma anche, come dichiara lui stesso, di un uomo che
ama molto l’Italia e ne ha fatta la sua seconda patria.
Partendo dal romanzo, pietra miliare della
letteratura italiana, “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa,
in elenco tra i suoi libri preferiti, Friedman fa una carrellata della storia
politica italiana dagli anni ottanta (raccontando i salotti buoni milalanesi e
romani, fra politica e finanza) a oggi (descrivendo l’indignazione verso gli
ultimi anni della politica italiana, e soprattutto la paura di cosa ci riserva
il domani). Attraverso una serie d’interviste interessanti ai protagonisti
della vita politica ed economica italiana, tra cui, cinque degli ex presidenti
del consiglio (Giuliano Amato, Romano Prodi, Silvio Berlusconi, Massimo D’Alema
e Mario Monti), Friedman ricostruisce oltre trentaquattro anni di storia
politica ed economica del nostro paese. Alcune di queste ci rivelano dei
retroscena poco conosciuti ai più, come
la telefonata tra Mario Monti e il Presidente Giorgio Napolitano, a luglio del
2011, quando in tempi non sospetti il Presidente avrebbe informato il
professore della Bocconi del suo probabile futuro incarico di governo.
Altre si
contraddicono l’una con l’altra, come la versione di Massimo D’Alema sulla
famosa telefonata a Romano Prodi, quel fatidico 19 aprile 2013.
E’ chiaro sin da subito che nessuno dei politici
intervistati da Friedman ha ammazzato il “gattopardo”, anzi loro stessi nella
migliore tradizione italiana ne rappresentano la razza.
Questo non significa
che il giornalista-scrittore newyorkese non dia soluzioni che permettano,
sempre dal suo punto di vista, il superamento della crisi e il riscatto dell’Italia.