“…ho avuto tanto dal cielo ed è giusto che io condivida questa fortuna, anche con chi è in difficoltà…”
E’ questo, di sicuro, il passaggio più umanamente toccante contenuto nella mail pervenutaci all’indirizzo rubriche@dabitonto.com.
A scriverci è la sig.ra M.G., bitontina d.o.c., vedova, la quale intende procedere alla donazione di parte dei suoi beni, dividendo gli stessi tra “alcuni dei propri figli ed una famiglia bisognosa della parrocchia”.
Volentieri raccolgo l’invito.
L’art 769 c.c. definisce la donazione il contratto mediante il quale il donante, per mero spirito di liberalità, arricchisce il donatario, disponendo in suo favore di un proprio diritto o assumendo verso lo stesso un’obbligazione.
La donazione quindi non è un semplice atto a titolo gratuito, nella cui categoria rientra, ma necessita di un quid pluris…lo “spirito di liberalità”.
Esso arricchisce un soggetto con il conseguente proprio impoverimento.
E’ facile intuire come lo spirito di liberalità non si riscontri in tutti i negozi a titolo gratuito, ma solo nella donazione e negli altri atti di liberalità (donazione indiretta e liberalità d’uso).
Il codice ha tipizzato questo istituto rendendolo lo strumento principale con cui attuare tale liberalità stabilendo che, proprio in considerazione dell’arricchimento che la donazione comporta, il donatario ha sempre l’obbligo di fornire gli alimenti al donante che in seguito venga ad averne bisogno (non oltre il valore della donazione al momento esistente nel suo patrimonio) e purchè non si tratti di donazione rimuneratoria (ossia quella fatta in segno di riconoscenza o per meriti particolari del donatario) o obnuziale (ossia quella fatta in vista di un futuro matrimonio, quella fatta dagli sposi tra loro, o fatta da altri in favore degli sposi o dei figli nascituri).
E’ possibile donare per amore filiale o coniugale, per riconoscenza, per beneficenza ma l’animus donandi si identificherà sempre nell’arricchimento dell’altra parte.
E ciò non significa che i motivi della donazione siano irrilevanti!
L’ art. 805 c.c., come accennato, dispone la irrevocabilità delle donazioni rimuneratorie e quelle fatte in riguardo di un determinato matrimonio, proprio alla luce dei motivi che hanno determinato il donante a compiere l’atto stesso!
Oggetto della donazione può essere, qualunque bene mobile o immobile che si trovi nel patrimonio del donante. Nessun limite particolare è posto riguardo alla capacità di ricevere per donazione.
La forma prescritta, a pena di nullità, è l’ atto pubblico redatto alla presenza di testimoni (ad eccezione della “donazione manuale” per beni mobili di modico valore per i quali occorre solo l’effettiva consegna).
Il contenuto della mail inviata dalla sig.ra M.G., tuttavia, è lacunoso sotto alcuni aspetti, pertanto invito la stessa a rispondere ai chiarimenti che le ho richiesto privatamente anche in ordine all’assegnazione dei beni tra i legittimari con particolare riguardo a quelli che intende donare alla propria figlia.
Infatti se è pur vero che la legge prevede la revoca della donazione solo in presenza di due gravi ragioni, l’ingratitudine del donatario (ex art. 801 c.c.) e la sopravvenienza dei figli (ex art. 803), dall’altro, per evitare che il donante possa eludere le norme a tutela dei legittimari con donazioni che favoriscano uno piuttosto che un altro dei legittimari, ovvero degli estranei, prevede che si debba tener conto di dette donazioni, al fine del calcolo della massa su cui applicare le quote di legittima.
Infatti l’art. 737 c.c. dispone che: “I figli legittimi e naturali e i loro discendenti legittimi e naturali ed il coniuge che concorrono alla successione devono conferire ai coeredi tutto ciò che hanno ricevuto dal defunto per donazioni direttamente o indirettamente, salvo che il defunto non li abbia da ciò dispensati”. Perciò, in sede di divisione ereditaria, il bene donato dovrà essere conferito alla massa da dividere tra figli(c.d. Collazione).
Se la persona scomparsa, invece, ha disposto che il bene donato sia conseguito dall’erede come un “fiore in più” (meravigliosa espressione utilizzata dalla sig.ra M.G.!!) rispetto alla quota di legittima, la collazione non si applica, purchè questa eccedenza non superi la quota disponibile (c.d. dispensa dalla collazione ex art. 737 c.c.).
Altresì, non è dato sapere se la sig.ra M.G. intende donare anche l’immobile da lei stessa occupato, nel qual caso sarebbe consigliabile procedere con una donazione con riserva di usufrutto.