Il perdono di se stessi è l’azione più difficile che si possa compiere. Ho conosciuto una donna che non si
è perdonata un aborto praticamente per tutta la vita. Continuava a domandarsi
cosa sarebbe potuto diventare quel mucchietto amorfo di cellule un giorno: un
medico, un musicista, un regista, un insegnante. E il tempo non ne alleviava il
peso, anzi. La vecchiaia portava esperienza; l’esperienza la riflessione; la
riflessione il rimpianto.
Da piccola
ritenevo che il perdono si potesse elargire solo verso gli altri. L’ingenuità
di una bambina porta a non dare peso ad azioni sbagliate; i bambini hanno la
memoria labile sugli errori.
Poi ho
annoverato il senso di colpa correlato alle questioni irrisolte dal nostro
subconscio tra i sentimenti negativi e tiranni così come la paura, la menzogna,
la vigliaccheria.
Il sentimento
è tale quando “sedimenta”. Col tempo il volume della colpa diminuisce perché
tendiamo a dimenticare, ma le trame più resistenti si sono solo integrate col
nostro Io, diventano ruggine che maciullano l’anima. E risulta sempre più
difficile scrostarla.
Il concetto
di colpa ci viene inculcato dalla religione e dalla società fin da piccoli ed è
inscindibile dalla pena: per la religione è l’inferno; per la società la
vergogna, l’isolamento, le sanzioni. Per l’individuo l’intossicazione.
Ben venga la
colpa quando porta al miglioramento di sé e alla consapevolezza dell’errore. E’
positiva quando funge da monito per la nostra coscienza morale. Eppure molto
spesso ci infliggiamo punizioni anche quando non è funzionale, solo per
attenuare il senso di mediocrità che ci attanaglia. Preferiamo non uscire
perché non si è combinato nulla tutto il giorno; ci si priva di un qualsiasi
piacere, perché si crede di non meritarlo abbastanza. La tendenza è quella di
sminuirsi. Per sentirsi risollevati. Per far sì che la colpa in parte ci sembri
espiata.
(Come siamo
bravi nel darci false soluzioni e nell’illuderci!)
Sono sempre i
più sensibili e i più intelligenti a portarsi la pena senza trovare soluzioni
abbastanza durature: ci si continua a flagellare anche dopo un’analisi
accurata, persino dopo aver maturato il pentimento! Si trascina la percezione
di inferiorità, si perde totalmente il rispetto di sé. E perdere autostima non
ha mai giovato a nessuno!
Ci sono
diversi gradi di colpa: non aver studiato per un esame universitario, essere
indietro con i propri studi, aver commesso scelte lavorative sbagliate, aver
dato troppa fiducia a chi non la meritava, aver ferito gente che amiamo senza
poter rimediare, il fallimento di un matrimonio, l’educazione sbagliata di un
figlio deludente, non essere stati pronti nel cambiare rotta al momento
opportuno.
Magari
basterebbe solo capire che i rimpianti fanno parte di noi, che rientra nella
nostra natura errare e non poterne correggere sempre le conseguenze. Non siamo
i soli a deludere, e a deluderci. Tutti proviamo emozioni di avvilimento e
inadeguatezza, a volte anche sconsiderati in base all’entità del problema. Ma
basterebbe essere consapevoli che è una condizione comune inamovibile per
sentirci meno soli, meno vulnerabili, meno sbagliati.
“Il
dolore è qualcosa che ci capita addosso non per sfortuna, ma per concederci
l’opportunità di conoscere la parte irrisolta di noi” –
scrive Gramellini in “Fai Bei Sogni”.
Io non so
quanto tempo ci vuole per superare un senso di colpa, se è un attimo o è frutto
di un lavoro nel tempo.
Certo è che
se è rimuovere la causa della colpa è realizzabile, allora non v’è da
preoccuparsi. Ma se la situazione è delicata e non vi è un interlocutore con
cui confrontarsi direttamente?
La risposta
sta nel fare i conti con se stessi. Nel costruire, edificare, macinare chilometri e traguardi. Spostarsi dal vuoto dentro di noi per godere delle
scoperte del mondo. Solo così potremo capire che la colpa agli occhi della
natura non esiste, che deve essere la forza interiore a motivarci, a farci
voler bene, a fare pace con noi stessi, a ricominciare.
La svolta sta
nell’incanalare le proprie energie in attività che ci fanno sentire utili,
ancora incredibilmente affamati e incompleti. E perseverare. Perseverare anche
nelle cadute, negli errori, avere una volontà indomita. La cosa peggiore nella
colpa sta nel dimenticare quanto ognuno sia straordinario se riesce ad uscire
dall’ordinarietà dei propri giorni.
Bertrand
Russell d’altronde lo ammette: un uomo come Sherlock Holmes non potrà mai
annoiarsi o sentirsi stanco di vivere se si interessa incessantemente ai
molteplici aspetti della realtà!
Si può
passare dalla passione per le passeggiate al mare a quella per il bricolage;
dall’ascoltare musica a leggere manuali di storia; dal fare sport al rimanere
incantati di fronte al crepuscolo; dal viaggiare al restare in casa a
sperimentare portate eccezionali.
La natura non
è stata fatta per indicarci dove abbiamo sbagliato, ma per essere goduta nelle
sue meraviglie. E’ un equilibrio perfetto in cui le esperienze negative, i
rimpianti sono frutto della mente dell’uomo e la vera felicità, la vera serenità
sta nell’individuare ciò che amiamo e farci travolgere totalmente. Scordarsi la
nostra piccola condizione umana perché facciamo parte di qualcosa più grande di
noi.
A volte serve un atto di coraggio non verso gli altri, ma verso se
stessi.
E allora fa’ un passo difficile, oggi concediti una cosa: perdona te
stesso. Per non aver studiato, per aver vissuto una relazione non proficua, per
non essere diverso da come vorresti, per non aver agito al momento giusto, per
aver ferito. Ma fallo, concediti la pace, perdonati.