C’è un viaggio, tra i tanti possibili, che si fa largo lontano dalle rotte consuete, dove il tempo rallenta e il paesaggio si fa parola, sussurro, evocazione. Dopo Foggia, superata Lucera, con il suo carico di storia antica e la sua aura severa di città quasi regale, si apre il respiro ampio e silenzioso del Subappennino Dauno, terra che accoglie senza ostentazione, lasciando al viaggiatore il compito di scoprirla, passo dopo passo.
Prendi Alberona, adagiata com’è tra i rilievi: si mostra come un piccolo scrigno incastonato fra cielo e terra. I suoi vicoli di pietra, le case strette tra loro, il paesaggio che si apre tutt’intorno con improvvisa grazia, raccontano una bellezza discreta, profonda. È un luogo che, del resto, custodisce memorie di antichi pellegrinaggi e poi, più vicine nel tempo, le testimonianze ed anche direttamente i versi di poeti nati qui come fili d’erba tenaci, nutriti da questa luce così tersa.
Alberona vale in sé una visita in questi luoghi.
Ma da qui ci si può lasciare condurre verso altri paesi: Biccari, con il suo lago placido e l’ombra delle alture intorno; Pietramontecorvino, dove il tufo e la roccia sembrano raccontare storie di popoli remoti; Volturino, Carlantino, Celenza Valfortore. Dal Cornacchia, in territorio di Biccari, monte più alto di Puglia, scorgi le intonazioni diverse di questo stesso canto. Sono terre dove, semplicemente, la natura e l’uomo si sono cercati, e forse trovati, nei secoli. Una Puglia storica e medievale, che ha costruito in altura per difendersi, in puro stile antropologico e ‘politico’ da difesa.
Questi borghi non promettono lo stupore folgorante delle mete celebri, offrono qualcosa di più duraturo: l’intimità di un incontro. Sono spazi che parlano a chi sa cogliere la poesia dei dettagli, la bellezza non appariscente. Ma è la bellezza delle cose che durano. È un turismo dell’anima, quello che qui si sperimenta. Se proprio vogliamo o dobbiamo chiamarlo turismo. Un pellegrinaggio laico, forse, di sicuro lieve e possibile tra cieli larghi, uliveti, voci di campane.
Fino alla noia lo diremo: l’incanto del viaggio non sta nella meta, sta nel perdersi tra alture gentili come queste, tra curve e pendii che sembrano disegnare quella che alla fine resta una mappa interiore. E allora poi va a finire che ti senti a casa, in un altrove che precisamente non hai avuto nemmeno il potere di scegliere.
(Alberona, foto di Paky Cassano)