«Abbiamo celebrato questo anniversario con un senso diverso. Non solo sobrio, ma consapevole. La Festa della Liberazione non può essere una ricorrenza da calendario: deve abitare le nostre giornate, le scelte quotidiane, le parole che usiamo, i gesti che compiamo».
Sono le parole del sindaco Francesco Paolo Ricci, intervenuto ieri al tradizionale corteo del 25 aprile, partito da Palazzo Gentile, dove come ogni anno sono stati affissi gli stendardi dell’Associazione Nazionale dei Partigiani d’Italia, per arrivare al cippo commemorativo in memoria della partigiana Imma Marchiani, nome di battaglia Anty.
«Oggi, più che mai, siamo chiamati a difendere i valori fondanti della nostra democrazia – la libertà, la partecipazione, il rispetto dell’altro – in un tempo in cui le guerre non sono solo sui fronti armati, ma nei linguaggi, nelle relazioni, nelle istituzioni stesse. Come ci ha ricordato Papa Francesco, all’origine delle guerre ci sono spesso abbracci mancati o rifiutati. E allora il compito che sento mio, che affido a tutti, è questo: porgere la mano, accettare il confronto, riconoscere nell’altro un alleato e non un nemico. Ai nostri giovani, custodi del futuro, va il mio grazie e la mia fiducia. A chi ha combattuto per la nostra libertà, il nostro impegno a non tradire mai la loro memoria. Viva il 25 aprile. Viva la Costituzione. Viva la libertà».
Al corteo hanno partecipato oltre a tanti semplici cittadini, diverse forze politiche, per celebrare «una data fondamentale della nostra storia, di cui quest’anno ricorre 1′ottantesimo anniversario: la caduta del regime fascista e la liberazione dal nazismo a cui hanno fortemente contribuito i partigiani», come ricorda Antonella De Napoli, presidente della sezione bitontina dell’Anpi: «Quest’anno, tra gli eventi organizzati per la cittadinanza da Anpi Bitonto con le sezioni cittadine del Partito Democratico e del Partito Socialista Italiano, e con il patrocinio del Comune di Bitonto, abbiamo installato su Corso Vittorio Emanuele, una mostra fotografica con i volti e le storie di alcuni partigiani per ricordare quanti, con il loro valori, il loro impegno ed esempio e spesso anche con il sacrificio della loro vita, ci hanno consentito una lunga stagione di libertà e di pace».
Per De Napoli, la Festa della Liberazione è anche una occasione «per fermarsi a riflettere su cosa significhi davvero essere liberi. La libertà è oggi per noi scontata, acquisita per sempre ed è proprio per questo che il 25 aprile è importante: perché ci ricorda che non lo è affatto. La libertà, al pari della democrazia e della Pace non è mai conquistata una volta per tutte. Oggi, dovremmo riflettere su quanto siano fragili i diritti, e su quanto sia facile dimenticare che qualcuno, un tempo, ha dato tutto, perché noi potessimo averli. È una giornata che ci insegna il valore della resistenza, non solo come evento storico, ma come atteggiamento quotidiano: resistere all’ingiustizia, all’indifferenza e al silenzio che ci rendono complici. Per questo il 25 aprile è stata da sempre e lo sarà anche in futuro una festa sobria a prescindere. Perché il 25 aprile è un giorno che ci chiede da che parte stiamo. E ogni anno, cerchiamo di rispondergli, con più consapevolezza e fermezza, di essere sempre dalla stessa parte, quella della nostra Costituzione antifascista. È una data che porta con sé memoria, senza la quale non può esserci futuro, ma anche responsabilità, verso sé stessi e verso gli altri. La Resistenza non è solo un fatto storico: è un principio che parla al presente pertanto il nostro pensiero non può non andare al popolo palestinese, a chi cerca di sopravvivere sotto occupazione, a chi lotta per diritti fondamentali negati, per la propria terra, per la propria identità. Se celebriamo la nostra Liberazione, dobbiamo anche chiederci: siamo capaci di riconoscere le ingiustizie di oggi?».
Un pensiero, quindi, anche a chi oggi soffre per le guerre in corso. In particolare per la popolazione palestinese: «Abbiamo il coraggio di stare dalla parte di chi resiste anche se è scomodo? Il 25 aprile non è solo una festa: è una chiamata alla coscienza. Un invito a non dimenticare che la libertà, quando è vera, è per tutti o non è per nessuno. Se guardiamo il mondo, il nostro paese, oggi, ottant’anni dopo, se in certe piazze si alzano ancora braccia tese, si dà voce alle armi, ai conflitti per imporre la supremazia del più forte, si minimizza, si nega, si riscrive la storia, allora la libertà torna fragile. E allora ricordare non basta: serve riconoscere il fascismo quando si traveste, resistergli anche se si nasconde in giacca e cravatta, anche se parla piano, anche se siede nelle stanze del potere. Perché la Resistenza non è finita: è viva ogni volta che scegliamo di non restare in silenzio. Perciò la libertà, come 80 anni fa, non è mai un dono, ma una scelta quotidiana. Sta nei gesti, nelle parole, e anche nel canto di chi trova il coraggio di non voltarsi mai dall’altra parte, che sia una giornata di papaveri rossi!».
A concludere le manifestazione per la Festa della Liberazione, il canto collettivo “Bella Ciao”.