«A Mariotto, una donna è stata uccisa. È stata spezzata una vita e con essa il respiro dell’intera comunità. Nel tempo Pasquale, in cui la sofferenza della Madonna Addolorata ci parla di un dolore muto, lacerante, questo fatto risuona con un’eco ancora più cupa. Non ci sono parole giuste».
A parlare è il sindaco Francesco Paolo Ricci, dopo l’omicidio di Lucia Chiapperini, per mano del marito Vincenzo Visaggi: «C’è solo il silenzio di chi osserva l’ingiustizia e ne resta ferito. Bitonto è ferita. E piange in silenzio con Mariotto, con chi ha conosciuto questa donna, con chi ne sentirà l’assenza. Non aggiungo altro. Non servono parole, oggi».
Sempre dalla giunta, ad esprimere un pensiero per quanto tragicamente accaduto è anche l’assessore Silvia Altamura: «Non è vero che non ci sono parole. Le parole esistono ed è nostra responsabilità scegliere quelle giuste. La violenza di genere non è l’atto di un mostro, non è un raptus di follia, non è l’epilogo della disperazione di un uomo troppo innamorato o il gesto esasperato di un marito troppo stanco. È una disfunzione del sistema sociale che induce gli individui culturalmente e antropologicamente considerati deputati alla sua difesa ad attaccare ciò che vorrebbero ma non sono – o non sono più – in grado di riconoscere, comprendere e controllare. Fino a distruggere l’intero organismo. La violenza di genere è la malattia autoimmune della società. Immaginate per un momento il nostro sistema sociale come un corpo umano, un organismo vivente nel quale ogni parte svolge una funzione in armonia ed equilibrio con le altre, supportandosi a vicenda per mantenere l’integrità dell’intero sistema. Cosa succede se una parte di questo corpo inizia a confondere le sue difese? Quando il sistema immunitario attacca le componenti del proprio corpo, distruggendo quello che dovrebbe preservare? Come in ogni malattia autoimmune, il risultato è la distruzione dell’organismo stesso. Nel nostro caso, dell’intera società. È per questo che la violenza di genere ci riguarda tutte e tutti. Perché la violenza di genere non resta nei confini del corpo che subisce l’aggressione fisica o psicologica, ma è un attacco distruttivo e pervasivo a tutto il nostro ecosistema sociale. Gli uomini che sono incapaci di riconoscere o comprendere pienamente l’autonomia e la dignità delle donne, non riescono ad affrontare la propria crisi di identità sociale. Non accettano le donne come le persone che sono realmente, perché le limitano e definiscono attraverso una lente ristretta di ruoli prestabiliti».
«Ma allora quale soluzione è possibile?» è la domanda di Altamura: «In medicina, il trattamento delle malattie autoimmuni spesso prevede l’utilizzo di terapie che sopprimono l’attività del sistema immunitario, ovvero si annulla la funzione difensiva dell’organismo al fine di fermare il danno che esso stesso sta causando. Se la violenza di genere è il modo che la società ha selezionato per la sua autodistruzione, l’unica cura possibile, quindi, è di eliminare dal vocabolario funzionale i ruoli di genere, a tutti i livelli. Rimuovere i ruoli di genere dalla nostra cultura, abbandonare le categorie rigide che ci separano in base ai criteri di forza e debolezza, di potere, di possibilità, di qualunque criterio che non sia legato alla libera scelta individuale. Eliminare il concetto di “ruolo di genere” non significa ignorare le differenze tra individui, tra il maschile e il femminile, ma piuttosto rifiutare la visione che trasforma queste differenze in gabbie e ragionare in termini di libertà di espressione della propria umanità, indipendentemente dal genere. Questo cambiamento rafforzerebbe il nostro sistema sociale e i valori dell’inclusione, della comprensione reciproca e del rispetto ed avrebbe la funzione di contenimento nei confronti dei sentimenti di paura e incertezza di cui si nutre la violenza. Solo quando smetteremo di combattere contro noi stessi, avremo una speranza di salvezza».
Sul caso si esprime anche l’ex sindaco Michele Abbaticchio che ricorda un altro femminicidio che ha insanguinato Bitonto: «Dopo Maria Grazia Cutrone, uccisa con dieci coltellate nel 2016, Bitonto piange ancora con Mariotto e Palombaio. Non sappiamo cosa ha spinto l’ennesimo marito a cancellare la vita di una donna, un essere umano che sceglie di unirsi in matrimonio per condividere, non per trasformarsi in oggetto di proprietà. Stamattina è accaduto ancora. Tanti, troppi gesti e parole in giro ci fanno pensare che questo sterminio continuerà».