«E chinato il capo, rese lo Spirito»: si è ormai alla Nona, a Mariotto, nell’ora più triste in cui risuona, come un tonfo greve, il passo giovannèo.
Ma è come se un pianto più sordo, un lamento più profondo si spandessero nel lento vanire del giorno. Il corpo di Cristo, avvolto in candide lenzuola, sanguina di una nuova, tremenda ferita, in attesa di essere sorretto dagli ultimi devoti al vespro.
La comunità mariottana, scossa dalla tragedia di un femminicidio, si raccoglie intorno alla Madre Desolata, meditando nell’Evangelo i Sette Dolori di Maria, da ripercorrere a tappe nella processione che si prepara per le strade del paese.
Quattordici stazioni immerse nell’abissale, frustrante incredulità in cui è piombato il piccolo borgo proprio nel giorno in cui più intenso è il sentimento della cristiana Passione. Al calar delle luci, mentre si tenta di lenire il dolore nel silenzio vespertino, un drappello di fedeli segue Maria SS. Addolorata verso un Golgotha così ferale ed inaspettato.
La Madre di Cristo si affaccia piangente sul sagrato della chiesa e si offre all’abbraccio dei fedeli, quando ormai le rosee ombre del crepuscolo hanno ammantato i lecci e le case tutte intorno. Fioche luci brillano tra i rimpianti del giorno, mentre s’illuminano i santi sepolcri dell’anima. I fedeli si stringono nel cammino attorno a Maria Santissima, per rincuorarla, ma stavolta è diverso: è la Madre Addolorata che pare tendere una mano di conforto alla comunità, la Madre di Cristo, consolata e consolante.
E tutti si sta, in un èmpito di compassione, intorno a quella Croce che dà un senso universale ed eterno a tutte le incomprensioni, le incredulità, le incongruità, le incompiutezze di un’esistenza terrena incapace di esaurire le pulsioni dello spirito con la suggestione dell’esperienza reale.
Maria, Mater Dolorosa, riprende il cammino, si allontana nell’ora grave, poi riappare, il suo velo scuro e l’aureola argentata che punta il cielo di una speranza nuova. Nell’aria dolente, echi di un Re minore, l’incedere lacrimoso di tutto un paese assecondato dalla Filarmonica bitontina. S’illuminano di scorcio le braccia inerti ed abbandonate di Gesù Cristo deposto, tuniche bianche ondeggiano lene, il corteo si dilata, poi si restringe risalendo una strada che ritorna verso la chiesa proprio dove la Veronica asciuga il volto di Gesù, che di lì a poco cadrà per la seconda volta sotto il peso della Croce.
Ci si tiene, il corteo pare addensarsi e si compatta nel momento più difficile, nella ripida salita dello spirito che vuol esorcizzare la morte, sconfiggerla in un ideale di cristiana infinità. Nessuna turpitudine può durare, nessuna abiezione al cospetto di Maria. E mentre il Cristo morto vacilla al buio fiancheggiando strade strette, si avvertono i primi bagliori di un’energia nuova.
Maria Addolorata ha compiuto il cammino tenendo per mano il paese in un giorno così angosciante. Il dolore ha comunque lasciato aperto uno spiraglio al soffio del perdono e ai sospiri della pace che si stagliano nel congedo della notte. S’intravvedono le prime luci del Sabato, i campi tornano verdi e la rorida alba promette i colori della Speranza viva.
Mariotto ha vissuto il suo calvario, la notte della sua Passione, ma nella Via della Croce è rimasta sveglia per spezzare i vincoli della morte con una carezza della sua Madre Addolorata.