“Amore mio veramente, se non mi ami muoio giovane”. Quanto c’è di vero nel ritornello di questa canzone fresca di Sanremo?
D’amore non si muore? O di mancato amore è possibile perire? Che effetti ha questo sentimento sul nostro corpo e da dove nasce questo moto di uscita da sè per andare incontro all’altro e questo desiderio di essere amati per sentirsi pienamente vivi?
Le recenti tecniche di neuroimaging stanno consentendo agli scienziati di osservare quali aree del cervello umano si attivano durante l’innamoramento, o mentre si gioca o si eseguono calcoli matematici. Queste affascinanti immagini diagnostiche consentono più chiaramente di individuare quali aree sono deputate al linguaggio, per esempio, o al movimento, da dove nasce l’equilibrio biochimico che regola i battiti del nostro cuore o dove hanno sede le funzioni vitali collegate ai bisogni primari di mangiare, bere, dormire, respirare.
Quello che sorprende di questi studi è che, nello stesso nucleo del cervello in cui hanno sede i bisogni fisici primari, risiede il bisogno di essere amati, che è un bisogno fondamentale che accompagna ciascuno di noi fino alla fine della vita.
Proprio nella stessa area che il cervello spegne, alla fine, insieme al respiro, prima di morire, dove sono custoditi i bisogni primari di bere, mangiare, dormire, respirare, quindi, vive il bisogno di ricevere amore.
Questo significa che si può vivere senza amare ma non senza sentirsi amati. Se l’amore manca, come quando manca il cibo o il sonno, il corpo si ammala, si indebolisce e muore.
Ma quando l’amore manca? Ogni volta che riceviamo sguardi di giudizio, parole di svalutazione, critiche invidiose, disattenzioni fredde e lontananze emozionali fatte di mancate risposte o di attese deluse. Veleno invece che nutrimento.
Eppure siamo abituati a pensare che siamo al mondo per amare più che per ricevere amore.
Le neuroimmagini hanno consentito agli scienziati di fotografare l’attività del cervello quando diamo amore, evidenziando come questo movimento emozionale accade in momenti specifici, misurabili, non continui come per i bisogni primari.

Dare amore è un movimento che dipende da funzioni del cervello che hanno bisogno di essere processate dalla volontà. Mentre il bisogno di ricevere amore è un bisogno fondamentale involontario che dura tutta la vita, come l’atto di respirare. Se manca andiamo in disequilibrio, non possiamo stare bene.
E se è vero che il bisogno di sentire in qualche modo arrivare nel cervello e, quindi, anche nel cuore, il messaggio “tu esisti per me”, “io ti vedo”, “non avere paura” è un bisogno primario inestinguibile se non con la morte, la vera rivoluzione allora è educare la volontà a porre in essere, regolarmente, piccoli atti che dicano questi messaggi a chi ci capita di incontrare.
Guardarsi negli occhi per dire “io ci sono per te”, stringere la mano in silenzio per dire “non avere paura”, rispondere ad una richiesta d’aiuto che vinca l’angoscia di non riuscire a farcela da soli, sono le condizioni di umanità che preservano la salute di ciascuno impedendo al mal-essere di farci soffrire fino a farci ammalare.
La scienza oggi ci dà una mano ad andare verso una trasformazione consapevole e ci conferma che non è amare a farci sentire vivi ma essere amati.
Perchè solo l’amore ricevuto, come un faro che d’improvviso si accende, ci fa sentire “visti”, ci tira fuori dall’anonimato delle presenze di sfondo della vita e ci fa capire che il posto che occupiamo, anche in una immagine d’insieme, è rilevante.
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