Del Prof. Rocco Berardi
Si ritiene opportuno riflettere anzitutto su alcuni aspetti generali della DEONOMASTICA, che è quel settore della lingua (ancora piuttosto trascurato dagli studiosi di Linguistica) che – com`è facile intuire grazie ad una semplice scomposizione del termine in “de-onomastica” – nell’ambito specifico dell’onomastica e della formazione delle parole si occupa dei ´lessemi derivati da nomi propri` di persona o di luogo (ad es. dantesco”, in riferimento a Dante, oppure nipponico per Giappone).
Nell`incontro ospitato mercoledì 6 febbraio scorso dal sodalizio culturale barese “Comunicazione Plurale” si indugia esclusivamente sulla ´deonomastoca letteraria`, sottolineando la BANALIZZAZIONE semantica del nome letterario, per cui il già citato ´dantesco` assumerà altri ben più ampli significati rispetto al semplice e limitato rinvio al Sommo Poeta, sì da perdere la sua specificità e passare ad indicare contesti alquanto differenti: in tal modo espressioni come “ímmagini dantesche” significheranno in genere ´immagini forti, energiche`, e lo stesso ´stile dantesco` indicherà genericamente una scrittura ´sublime` (che certamente richiamerà l`arte compositiva di Dante, ma rinvia pure a ben altri autori della nostra letteratura!).
Si potrebbe fare un elenco lunghissimo di siffatti deonomastici letterari: tenendo presente quello che senza dubbio è da ritenere l`autentico caposaldo per chi intende svolgere questo tipo d`indagine, vale a dire il Dizionario storico di deonomastica (curato da Enzo La Stella per i tipi Zanichelli / Olschki), citiamo almeno pirandelliano, che non indica soltanto Luigi Pirandello ma anche e in genere la “drammatica situazione dell`individuo isolato in una realtà che gli è estranea”; oppure omerico, in riferimento al grande poeta greco Omero ma anche a varie locuzioni che hanno appassionato gli studiosi della letteratura (la questione omerica, come pure la risata omerica).
Lo stesso dicasi per i numerosissimi nomi dei personaggi creati dai vari scrittori: si pensi a ´Beatrice` Portinari (amata da Dante e da lui assunta a ispiratrice e guida), che poi diventa la beatrice (con la iniziale minuscola!) più comune e … banale come ´musa ispiratrice di un poeta`; oppure alla ´Perpetua` di don Abbondio, “serva affezionata e fedele, che sapeva obbedire e comandare, secondo l`occasione …”, presto lessicalizzata nei vari dizionari come semplice perpetua (!), a indicare per antonomasia e colloquialmente la ´domestica di un sacerdote` ma anche per estensione la ´domestica attempata e ciarliera`. In sintesi, i nomi letterari spesso perdono la loro specificità connotativa individuale e in cambio acquistano un valore universale: pensiamo ancora a cassandra e a mecenate da un lato, a liceo (< gr. Lukeion, località presso Atene, sede del tempio di Apollo Liceo, dove Aristotele teneva le sue lezioni) e accademia (gr. Akademia, bosco sacro all`eroe Academo, dove insegnava Platone) dall`altro, sul versante micro toponimico.
Possiamo forse concordare sul fatto che, se la Storia è magistra vitae, anche la Storia della lingua (di ogni lingua!) può ben educarci e ammaestrare su vari ancorché oscuri fatti e fenomeni linguistici?