Di ANGELA ANIELLO
Nel cuore pulsante di Bitonto, dove le pietre scolpite narrano storie millenarie e gli archi si intrecciano come abbracci silenziosi, vivevano tre ragazzi ai margini: Francesco, con i suoi occhi scuri che celavano un’anima inquieta; Lucia, il cui sguardo fiero mascherava una profonda fragilità e Antonio, il più giovane, che cercava invano un posto nel mondo. Le loro giornate scorrevano tra vicoli ombrosi e piazzette deserte, fatte di piccoli furti, sogni infranti e una rabbia sorda che bruciava dentro, come brace sotto la cenere. Il Natale si avvicinava, ma per loro era solo un’eco lontana, una melodia stonata in un’orchestra di cuori felici.
Una sera gelida, mentre la tramontana sferzava le antiche mura e le luminarie tremolavano come lucciole spaventate, i tre si ritrovarono davanti alla chiesa sconsacrata di San Francesco. La porta, arrugginita e cigolante, era socchiusa e una luce dorata filtrava dalle fessure, come un invito discreto. Spinti da una curiosità che superava la diffidenza, entrarono. L’aria era densa di polvere e di un odore antico di incenso e legno ma un’atmosfera indefinibile, quasi sacra, pervase i loro animi induriti.
«Ma guarda te… un posto abbandonato come noi» mormorò Francesco calciando un sassolino sul pavimento polveroso.
«Forse è per questo che ci siamo finiti dentro» rispose Lucia stringendosi nelle spalle per ripararsi dal freddo. «Come se ci appartenesse».
«A me non appartiene niente», sbottò Antonio con la voce rotta. «Nessuno si ricorda di me, figuriamoci un posto come questo».
Improvvisamente, nel mezzo della navata, una figura eterea si materializzò. Non era un’apparizione spettrale ma una presenza luminosa avvolta in una luce calda e rassicurante come un abbraccio materno. Era Anna Rosa Tarantino, il cui ricordo era ancora vivo nel cuore ferito di Bitonto. Il suo volto, dolce e sereno, irradiava una pace infinita.
«Non temete, ragazzi», disse Anna Rosa con una voce melodiosa, che sembrava provenire da un altro mondo. «Sono qui per mostrarvi la bellezza che vi circonda, la bellezza che è anche dentro di voi».
I ragazzi, dapprima intimoriti, si sentirono subito avvolti da una sensazione di calma profonda. Anna Rosa li prese per mano, in un gesto simbolico di guida, e li condusse in un viaggio attraverso la storia e l’anima di Bitonto. Vedevano le pietre secolari del Duomo vibrare di una luce propria, i portoni dei palazzi nobiliari aprirsi su cortili nascosti di una bellezza struggente, il profumo del pane appena sfornato mescolarsi all’aroma del caffè nelle botteghe antiche.
«Ma questa è… la mia Bitonto», sussurrò Lucia, con gli occhi che si riempivano di lacrime. «Quella che mi raccontava mia nonna, piena di vita e di colori».
«Io non l’ho mai vista così», replicò Francesco, la voce era incrinata dall’emozione. «Ho sempre visto solo il grigio, la tristezza».
«Perché ti sei chiuso dentro quel grigio, Francesco», disse Anna Rosa con dolcezza. «Ma la luce è sempre stata qui, anche quando non la vedevi».
Poi, con delicatezza, Anna Rosa mostrò loro anche le ferite che Bitonto portava nel cuore: le case abbandonate, la povertà che si nascondeva dietro le facciate, la violenza che aveva spezzato vite innocenti. Inoltre, mostrò loro anche la forza di chi non si arrendeva, la tenacia di chi lottava per un futuro migliore, la fiamma della speranza che ardeva sotto la cenere.
«Perché tanta sofferenza?» chiese Antonio, con la voce tremante. «Perché il mondo è così ingiusto?»
«Il mondo è quello che noi ne facciamo, Antonio», rispose Anna Rosa. «C’è il buio, certo, ma c’è anche la luce e la luce ha bisogno di voi per brillare. Ha bisogno del vostro coraggio, della vostra gentilezza, del vostro amore».
«Ma noi… noi non siamo niente», disse Francesco con lo sguardo basso. «Siamo solo ragazzi che sbagliano sempre».
«Non siete i vostri errori», replicò Anna Rosa con fermezza. «Siete molto di più. Siete la speranza di questa città, siete la luce che può illuminare il futuro».
«Cosa possiamo fare, Anna Rosa?» chiese Lucia con il cuore pieno di una nuova speranza.
«Siate testimoni di bellezza», rispose lei, con un sorriso che illuminò l’intera chiesa. «Siate gentili, onesti, coraggiosi. Amate la vostra città, prendetevene cura. Non smettete mai di credere nella forza del bene e, soprattutto, non dimenticate mai che la luce è dentro di voi, pronta a brillare».
Anna Rosa svanì lentamente lasciando i ragazzi immersi in un silenzio carico di significato. Uscirono dalla chiesa con il cuore trasformato, lo sguardo rivolto al cielo stellato. Da quel giorno, Francesco, Lucia e Antonio iniziarono un nuovo cammino. Si impegnarono nel volontariato, riscoprirono gli angoli nascosti di Bitonto, si prodigarono per aiutare chi era in difficoltà.
Avevano compreso che la vera magia del Natale era dentro di loro, una luce che poteva illuminare anche le pietre più oscure, e che il ricordo di Anna Rosa era un monito costante a non arrendersi mai alla bellezza, alla speranza, alla vita.