In questi giorni, tra le vie del centro storico di Bitonto, piacevoli melodie rendono unica l’atmosfera natalizia, aggiungendo, al piacevole impatto visivo delle decorazioni installate dai residenti, la magia di musiche che richiamano tradizioni a cui tutti noi siamo legati. Le note provengono dalla zampogna di Enzo Gargaro. Non è bitontino, ma nella città degli ulivi è di casa. Da quaranta anni, infatti, a dicembre, parte da Campobasso, sua città natìa, per celebrare la novena di Natale, tradizione cristiana una volta diffusa nel Sud Italia, ma ormai sempre più abbandonata.
Nei giorni precedenti il 25 dicembre, Enzo (59 anni) vaga tra vicoli e stradine, soffermandosi dinnanzi a presepi, chiese o case e intonando melodie tipiche legate al Natale. Un’usanza che simboleggia l’attesa e la preparazione spirituale per la nascita di Gesù.
«Sono l’unico zampognaro non solo a Bitonto, ma in tutta la Puglia. Bitonto è rimasto l’unico paese della regione in cui si fanno ancora le novene» spiega Enzo esternando sentimenti che vagano tra orgoglio e nostalgia per tradizioni in via di estinzione: «Faccio tutto a mie spese. Vengo appositamente da Campobasso, dove invece non si fanno più le novene, per mantenere viva questa tradizione dalle origini antichissime. Credo sia importante preservarla».
«Una consuetudine che risale a tanti secoli fa. La zampogna è stata sempre suonata per le novene natalizie» sottolinea, sfoggiando con orgoglio e affetto la sua compagna di viaggio, una zampogna risalente a tanti anni fa. Gli anni precisi non li conosce neanche lui: «La zampogna è uno strumento particolare. È uno strumento molto antico. In passato, era costruita in modo diverso, con ossa e pelli di animali. La mia è fatta in legno, con una sacca che spinge l’aria. Ci sono delle linguette che, vibrando, producono il suono. Affinchè funzioni sempre bene serve prendersene costantemente cura e accordarla».
Una passione nata e perseverata perché, per Enzo, è una tradizione di famiglia, tramandata di generazione in generazione: «È iniziata con mio padre, mio nonno e soprattutto mio zio. In particolare fu quest’ultimo a portarmi per la prima volta qui a Bitonto e da allora, da quaranta anni, continuo a mantenere accesa questa tradizione. E continuerò a farlo finché il Signore mi darà le forze. Bitonto, per me, è ormai una seconda casa. Questa città ce l’ho nel cuore. I bitontini mi vogliono bene e anche io nutro un grande rispetto per loro».