Di Angelo Palmieri
Bitonto, la nostra amata città, è un luogo antico e radioso, capace di incantare con la sua bellezza ineffabile e di stringere il cuore con le sue ferite mai del tutto cicatrizzate. È una comunità che genera talenti eccezionali, giovani custodi di un senso di appartenenza profondo, indissolubile.
Eppure, troppi di loro hanno dovuto lasciarla, inseguendo altrove ciò che qui non hanno trovato. Penso a quei ragazzi che, con valigie leggere e cuori pesanti, si sono fermati un istante davanti a un vicolo, una chiesa o un ulivo, come per imprimere nella memoria un ultimo frammento di “casa“. Alcuni sono partiti con rabbia, altri con speranza. Molti, dopo anni di impegno e sacrifici in altre regioni, sono riusciti a trasformare il loro talento in risorsa, portando la luce della loro patria nei contesti grigi del Nord, dove tutto sembra avvolto dalla nebbia.
Ma cosa li ha spinti a partire? Una politica priva di dinamismo e coraggio, e un sistema accademico troppo spesso incatenato a logiche baronali e dinastiche, incapace di premiare il merito. Oggi, più che mai, questo territorio ha bisogno di riscoprirsi, di liberarsi dei suoi veleni e di tessere nuove trame di concordia e bellezza.
Serve una comunità capace di trasformare le intuizioni in progetti concreti, affidando ai giovani il compito di innovare e rendere il nostro angolo di Puglia non solo un luogo da amare con nostalgia, ma uno spazio in cui costruire il domani.
E mi torna in mente il caro amico Vincenzo, autentico comunista d’altri tempi. Con la lucidità di un intellettuale e la mestizia di chi ama ciò che lo ferisce, Vincenzo raccontava questa città con parole cariche di verità. Parlava di una Bitonto straordinaria e fragile, culla di risorse umane preziose e teatro di partenze forzate. Come non condividere quella malinconia?
Eppure, non possiamo lasciare che questa sia l’ultima parola. Alle menti brillanti che si sono affermate altrove va il nostro tributo: ogni loro successo è una vittoria per la comunità che li ha formati. A chi sogna di tornare, l’augurio di trovare qui le opportunità per costruire una nuova vita. E a chi è rimasto, resistendo ogni giorno, va la nostra più profonda gratitudine: resistere non è solo fatica, è un atto di coraggio, una promessa di rinascita.
Bitonto è come un campo d’ulivi in inverno: in apparenza immobile, ma capace di custodire, silenziosa, la promessa della primavera. Questo luogo ha il potenziale per diventare ciò che i suoi figli meritano: non solo un rifugio da ricordare, ma una casa in cui restare e progettare il futuro.
Saremo capaci di invertire questa rotta? Sapremo far germogliare quella promessa tra le antiche pietre? Forse la risposta è nascosta nei talenti che oggi brillano altrove e nelle mani di chi, qui, continua a seminare. Perché ogni seme, anche nel terreno più duro, porta con sé la certezza di una vita pronta a fiorire.