Riceviamo e volentieri pubblichiamo la riflessione di Luca Muschitiello
Nel ventaglio etimologico da cui si ipotizza tragga origine il nome della nostra città, una versione accreditata é la locuzione “Bonum Totum”, con allusione alla prosperità di questo luogo; una versione coerente se pensiamo a quanto Bitonto rappresenti uno scrigno di storia, arte, architettura, tradizione religiosa e folkloristica, e affondi le sue radici nella terra da cui germoglia la sua identità contadina.
Eppure, passeggiando per i suoi vicoli, si delinea un volto antitetico della città, in preda ad una profonda crisi sociale.
Già percorrendo una delle sue arterie principali, Corso Vittorio Emanuele, si odono veicoli rombanti, motocicli su una ruota, schiamazzi e improperi, spesso provenienti dalla cosiddetta “Pescara”, attuale sede del PD, oramai diventata un ring per ragazzini che lottano fra loro importunando i passanti. Proseguendo verso il centro, cuore pulsante della città, non é improbabile imbattersi in fuochi pirotecnici illegali, monopattini e bici elettriche contromano che minano la sicurezza dei cittadini.
E allora sorge spontaneo un quesito, già posto da Paul Gauguin nella celebre opera omonima: “Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?.
Questo duplice volto della nostra città deve spingerci ad un’attenta riflessione sulla direzione che intendiamo prendere come comunità e soprattutto sulle responsabilità a cui sono chiamati: il singolo cittadino, l’amministrazione comunale, la scuola, le figure genitoriali ed educative, gli assistenti sociali, le forze dell’ordine, e tutte le componenti che, attraverso il loro operato, costituiscono la rete educativa.
Urge risvegliare le coscienze, in quanto le sorti di Bitonto sono “affar nostro” e il degrado a cui stiamo assistendo è la risultante di mancanze che possono essere sanate solo considerando il bene della nostra città come obiettivo primario. In questo processo la cultura é e deve essere un volano verso una città vivibile, a misura d’uomo, in cui si affermi con vigore il senso di appartenenza, riconfermandone lo spessore storico; esempi virtuosi sono stati i festival “Visioni Periferiche” e “Sapericena”, che nella cornice di due luoghi incantevoli della nostra città – la cittadella del bambino e i giardini pensili – hanno posto l’accento su questioni sociali avvalendosi dell’approccio audiovisivo-multimediale, dei talk con figure illustri dell’Università degli studi di Bari e registi, fornendo spunti di riflessione che come semente germogliano nelle coscienze.
Tuttavia la diversità ci insegna che ogni individuo risponde in modo differente agli stessi stimoli, e talora questo approccio potrebbe non abbracciare la sensibilità di tutti, tramutandosi in un evento di nicchia per i soliti noti, venendo meno così al principio di democratizzazione della cultura.
Ed é qui che si rende necessario che le figure educative, a diverso titolo, interagiscano per elaborare strategie che risveglino le coscienze di chi é distante da modelli comportamentali in linea con il senso civico. Alla luce dell’emergenza in atto, la questione potrebbe essere affrontata e dibattuta in un consiglio comunale in cui vengano pianificati e poi attuati incontri con i vari enti sopracitati per elaborare interventi di inclusione ed educazione alla cittadinanza attiva, affinché quel già citato “Bonum Totum”, intrinseco nel nome della nostra città, possa trovare riscontro e concretizzarsi nell’esperienza quotidiana del cittadino.
Questo articolo vorrei che fosse inteso non come mera e sterile critica ma come un accorato appello al comune senso di civiltà, affinché Bitonto possa riconfermare la dignità che le spetta.