Cene con pesce crudo, ma anche semplicemente balle di acqua. Denaro in contanti, ma anche Mercedes acquistate con appena mille e cinquecento euro. Questo in cambio di utilità e appalti con affidamenti diretti e “sotto soglia”.
Era il “Mercimonio”, e da qui il nome dell’operazione della guardia di finanza, che ha portato alle manette nove persone, dipendenti pubblici della provincia Bat o di comuni del territorio della Sesta provincia, liberi professionisti, e ad iscriverne 17 (tra cui enti pubblici) nel registro degli indagati. In carcere sono finiti: il 65enne Francesco Gianferrini, il 54enne Vincenzo Guerra, il 37enne Giuseppe Marselli di Bitonto – tutti dipendenti della provincia Bat -, e il 52enne Paolo Misuriello, titolare di uno studio di ingegneria. Ai domiciliari il 50enne Giorgio Bellomo, il 49enne Gianluca Intini, il 50enne Antonello Lattarulo, il 65enne Andrea Leone, l’agronomo 64enne Giovanni Battista Guerra. Obbligo di dimora per la moglie 51enne di Vincenzo Guerra e di altre tre persone, oltre ad una sospensione del pubblico ufficio e interdizione della funzione pubblica per sei mesi per il dirigente dell’ufficio tecnico del comune di Barletta.
Le persone coinvolte sono accusate di reati contro la pubblica amministrazione, tra cui corruzione e frode. Sono state disposte diverse tipologie di sequestro preventivo nei confronti di 13 indagati, residenti nelle province di Bari, Bat e Salerno e di uno studio di ingegneria di Barletta.
Le indagini, coordinate dalla procura di Trani, durate oltre due anni, hanno rivelato un sistema fraudolento perpetrato da pubblici ufficiali con ruoli apicali e imprese fornitrici di beni e servizi per la pubblica amministrazione. A dare il via all’inchiesta l’ipotesi di una frode processuale durante un procedimento penale per reati ambientali legati alla discarica Cobema di Canosa di Puglia, già oggetto di una procedura di Infrazione Comunitaria. Prima dei lavori, affidati alla provincia Bat con una gara ad evidenza pubblica, un professionista ha condotto indagini ambientali preliminari: parte dei compensi ricevuti sono stati poi trasferiti all’azienda del coniuge del dirigente responsabile dell’assegnazione dell’incarico. In un video il dirigente comunica il numero tre (corrispondente al 3% del valore di una commessa) mostrando le estremità di una spillatrice; il significato del gesto viene perfettamente percepito dal suo interlocutore (imprenditore), il quale, per confermare di aver compreso, solleva le prime tre dita della mano destra.
Lo stesso avrebbe manipolato l’asta per la vendita dell’immobile “ex area mattatoio” a Terlizzi, permettendo a un imprenditore di acquistarlo a un prezzo inferiore al valore reale, in cambio di 100.000 euro simulando una compravendita immobiliare.
In un altro caso, Marselli avrebbe fatto “rientrare” in un appalto pubblico, affidato ad un imprenditore connivente, sempre di Bitonto (con sede a Palombaio), i lavori di ristrutturazione della sua abitazione.
Due professionisti, tra cui un rappresentante legale di uno studio professionale di Barletta, sarebbero stati coinvolti in attività corruttive e falsificazione di documenti: avrebbero attestato falsamente il collaudo di un cavalcavia ferroviario, manipolando le date nei documenti.
Uno dei professionisti, l’ingegnere collaudatore di Barletta, avrebbe facilitato il flusso corruttivo tra dirigenti, professionisti e imprenditori, creando un collegamento tra il settore pubblico e quello imprenditoriale: per questo definito “uomo cerniera”.
Anche i lavori di messa in sicurezza della discarica “Puro Vecchio” di Trani sarebbero stati macchiati dalla corruzione. Un altro dirigente pubblico avrebbe ricevuto una Mercedes GLA220 usata dall’imprenditore vincitore di un appalto, pagando solo 1.500 euro contro un valore di 15.435 euro. In questa situazione, sono stati falsamente dichiarati l’assenza di conflitti di interesse.
Lo stesso avrebbe richiesto una perizia agraria gratuita per scopi personali, affidando un incarico a un agronomo già diffidato dall’ente, avvalendosi della società in house dello stesso Comune.
L’agronomo ha cercato di evitare il conflitto di interesse e chiedeva al dirigente di far firmare la perizia a un collega fidato e restituendo in contanti parte del compenso al dirigente.