DI CHLOE BAVARO
L’intelligenza artificiale impatta e impatterà: nell’epoca dell’accelerazione tecnologica, inarrestabile e irreversibile, l’influenza presente e futura dell’IA rappresenta una realtà preponderante ed essenziale.
Proprio di questo si sono occupati i due relatori ospiti della prima serata di sApericena – La cultura a piccoli morsi, rassegna ideata dal magazine Primopiano.info, tenutasi lo scorso venerdì 5 luglio presso i Giardini Pensili del Museo Diocesano di Bitonto.
L’ingegnere informatico Ugo Lopez, professore all’Università degli Studi di Bari, e Federica Illuzzi, insegnante e dottoranda, si sono cimentati nel declinare le varie sfaccettature dell’intelligenza artificiale, spiegando che non dobbiamo averne timore, ma piuttosto abbiamo bisogno di imparare a considerarla come uno strumento funzionale alle nostre più svariate esigenze. “L’intelligenza artificiale è intersezionale, farà sempre di più parte di ogni ambito della nostra vita” spiega il professor Lopez “e proprio per il suo impatto notevolissimo è importante introdurne l’utilizzo”.
Equità, affidabilità, privacy e sicurezza, inclusività, trasparenza e responsabilità: sono sei i principi RAI (Responsible Artificial Intelligence) usati dal professor Lopez per sfatare i miti più comuni sull’intelligenza artificiale, nonché quelli da cui le ansie a riguardo scaturiscono maggiormente. Con esempi pratici, ha dimostrato come l’IA, almeno in teoria, non possa essere utilizzata per perpetrare odio, per lavorare con dati sensibili, per danneggiare se stessi o altri.
D’altro canto, il professor Lopez non nasconde come, nonostante l’intelligenza artificiale sia in circolazione ormai da circa cinquant’anni, non è assolutamente perfetta (o almeno, non ancora): la prompt injection e il prompt leaking sono le tecniche più diffuse per aggirare l’applicazione dei principi RAI, soprattutto con le IA non strutturate correttamente.
Non bisogna dimenticare che, come qualsiasi altra cosa creata dagli esseri umani, anche l’intelligenza artificiale è costantemente perfettibile. A tal proposito, il relatore evidenzia che “quello che trae in inganno è il termine intelligenza, perché di intelligenza non c’è nulla”: l’IA si basa esclusivamente su quello che noi umani carichiamo sul web, facendone un collage che permetta una risposta adeguata alla domanda posta.
Esattamente sull’importanza della componente umana nel rapporto con l’intelligenza artificiale si apre la trattazione di Federica Illuzzi, dottoranda in Digital Innovation for Education. “Tutti sono spaventati all’idea di avere un umanoide all’interno delle aule: sostituiranno gli insegnanti umani?”. Federica è stata categorica con la sua risposta: no, gli insegnanti in carne ed ossa non potranno mai essere sostituiti, nemmeno dall’IA. Seppure i tutor creati dall’intelligenza artificiale abbiano il potenziale di offrire un supporto importante agli studenti, soprattutto ai più deboli, gli insegnanti sono indispensabili per la creazione di connessioni: qualsiasi tipo di tutor virtuale ha bisogno di essere calibrato sul gruppo classe, sul singolo studente, sulle difficoltà e sui dubbi riscontrati in aula.
È il docente a dover diventare coach, fautore e mediatore della fruizione dell’intelligenza artificiale. È il docente che deve insegnare ai suoi alunni come porre le domande giuste all’IA e come fare analisi critica di ciò che vedono intorno a loro. È il docente a dover imparare ad usare questo nuovo strumento, per poter poi trasmetterne le proprie conoscenze. Per Federica, questa trasformazione dell’apprendimento in chiave analogica non deve spaventare: la bravura di un maestro sta nel saper integrare le diverse modalità di insegnamento, come è d’altronde già successo con l’introduzione dei computer e dei cellulari prima nelle nostre vite, poi nella didattica.
Inevitabilmente, un progresso così impattante come l’intelligenza artificiale porta con sé tanto scetticismo, ma non per questo dobbiamo evitare di confrontarci con il nuovo strumento ricco di potenziale: non è con l’ignoranza che si superano le diffidenze, ma lo si fa conoscendone a fondo l’oggetto.