È finalmente tornata accessibile al pubblico piazza XX Settembre. Resta solamente il cantiere della fontana che sarà realizzata all’incrocio tra via Raffaele Pasculli e via Bonifacio Logroscino. Ma la gran parte della piazza è libera da transenne e lavori in corso. Compresa la parte in corrispondenza dell’antica Torre Sant’Agostino. Che, come preannunciato, è tornata sottoterra.
Al suo posto, a testimoniarne la presenza, una pavimentazione diversa dalle basole che coprono il resto della zona. Una soluzione che sicuramente sarà destinata a destare non poche perplessità. «Il lavoro di Piazza XX Settembre e della parte di via De Ilderis, antistante la chiesa dell’Annunziata, non è come è stato dipinto. Tutto sarà spiegato nei dettagli» promette l’assessore ai lavori pubblici Giuseppe Santoruvo, che sottolinea come quello slargo sia stato riqualificato, in quanto prima c’era solamente «asfalto e tanto caos». Concetto, questo, su cui è tornato anche l’ex sindaco Michele Abbaticchio: «A qualcuno la meravigliosa Chiesa dell’Annunziata andava bene come era prima, circondata da auto e asfalto sul sepolto, antico, basolato ora emerso. I nostri preziosi beni culturali non possono essere attraversati da auto e smog ma vanno protetti da aree pedonali e dalla riappropriazione degli spazi della cittadinanza, così come è accaduto in altri luoghi che abbiamo riqualificato».
Per quanto riguarda i resti della torre, per quanto da più parti si chiedesse di farli rimanere visibili, la riqualificazione era improbabile sin dall’inizio, in quanto avrebbe intralciato la viabilità di strade centralissime, ingolfando ancor di più il già problematico traffico cittadino. D’altronde, tra i motivi che decretarono l’abbattimento, a fine ‘800, la necessità di un migliore raccordo veicolare in una città in espansione. A decidere le sorti di quella torre trecentesca, alta 18 metri con diametro di 12 metri, fu un decreto del 28 gennaio 1883 di re Umberto I, che disponeva l’acquisto e la demolizione. Era il 1883. Dopo 140 anni, sarebbe stato pertanto difficile conciliare la salvaguardia di quello spazio con le esigenze della viabilità odierna. Sebbene l’esistenza di quei resti non fosse un mistero, il ritorno alla luce ritardò il restyling e ne fece lievitare i costi. La Soprintendenza, infatti, chiese di «allargare l’area di scavo per eseguire altre verifiche archeologiche – ricorda l’assessore Santoruvo -. Le strade erano due: sotterrare quanto rinvenuto o consentirne l’osservazione. La seconda avrebbe comportato un esborso di 300mila euro e la proroga dei lavori. In futuro, in presenza finanziamenti, si potrà recuperare il torrione con risorse non comunali».
Il dilungarsi dei tempi ha suscitato, nei mesi, le proteste dei commercianti della zona, danneggiati da “una significativa riduzione dei clienti”. Proteste raccolte dal centrodestra. A fine dicembre l’approvazione della variante progettuale ha consentito la ripartenza dei lavori. E il seppellimento dei resti dell’antico edificio. Una sorte subita in passato da altri rinvenimenti in piazza Moro, via Traetta e piazza Caduti del Terrorismo.
Sulla questione era intervenuto anche il Centro Ricerche di Storia e Arte: «L’epilogo, più che prevedibile, non è di sicuro una buona notizia. Sarebbe stato di sicuro meglio studiare tutte le possibilità per cui la torre potesse essere consegnata al civico godimento visivo ed estetico, così come ci auguriamo che qualcosa di stabile possa esser lì lasciato a testimonianza di un passato che non potrà non interrogarci. Un pannello, un’iscrizione, almeno, così da non ripetere quanto tristemente accaduto in altri episodi, quando non è rimasta una traccia visibile direttamente sui luoghi interessati da lavori e scavi».