Un artista che voglia definirsi tale non può sottrarsi alle sfide della storia. Di questi tempi, poi, è davvero ineludibile. Così, Gennaro Nacci, pittore e scultore bitontino trasferitosi da decenni in Svizzera, a Basilea, ha partorito una tela significativa, fascinosa e terribile ad un tempo, che grida il suo personale “No alla guerra”. Un quadro pregno di dolore, di un dolore rassegnato, ma senza rancore: solamente una mano che si alza inerme verso il cielo inondato di sangue, chiedendo pietà, ed una madre che stringe a sé il figliolo morente, in un estremo tentativo di ridargli la vita. Un quadro intriso di pathos, che ci induce a riflettere e a rifiutare qualsiasi tipo di conflitto travagli il mondo in cui viviamo.