«È urgente che tutti i parlamentari pugliesi, europei e nazionali facciano sentire all’unisono, con fermezza e convinzione, non solo la loro voce, ma azioni concrete contro l’installazione di scorie nucleari sulla Murgia. Si rende indispensabile che anche i big dello spettacolo, ambasciatori della Puglia, come Albano, Arbore, Banfi, Mirabella, Oxa ed altri ancora, in questo momento di “emergenza”, si avvalgano della loro notorietà per dare una valida mano per respingere questo pericolo dalla nostra terra».
Fu questo l’appello del Comitato antinucleare pugliese quando, nell’estate del 2003, si paventò la possibilità che, sulla Murgia tra Puglia e Basilicata, sorgesse un sito unico nazionale per lo stoccaggio scorie nucleari. Uno dei siti individuati fu nell’agro ai confini di Mariotto, in quell’area detta “campo dei missili” a causa dell’esistenza, a cavallo tra anni ’50 e primissimi anni ’60, di una base militare Nato dotata di missili in grado di ospitare testate nucleari puntate verso Mosca.
Quello sulla nostra Murgia fu uno dei siti individuati dal piano del commissario del governo Carlo Jean. Un piano già respinto all’unanimità dalla conferenza dei presidenti delle regioni, con un apposito documento approvato il 24 luglio 2003. Tra gli altri siti individuati, anche Statte, nel tarantino, Scanzano Jonico, nel materano. Protestò la giunta regionale pugliese, con l’assessore all’Ambiente Nicola Saccomanno che, durante la conferenza Stato – regioni, chiese di escludere la Puglia dall’elenco dei siti idonei. Protestarono i comuni che rischiavano di essere interessati, a partire da Scanzano, dove sorsero movimenti popolari di protesta, tra cui “ScanZiamo le scorie”, che diedero inizio a proteste pacifiche ricordate come “giorni di Scanzano”, ottenendo l’eliminazione del paese lucano dalla lista di siti idonei. Un risultato di indubbio valore anche perché avveniva in quella regione che, mezzo secolo prima, era stata oggetto degli studi sociali di Banfield perché, a detta dello studioso, i suoi abitanti erano affetti da “familismo amorale”, ossia l’incapacità di condurre un’azione collettiva oltre i confini della famiglia. Fu, invece, un grande esempio di quel civismo che anche Putnam aveva indicato come assente nelle regioni meridionali, solamente dieci anni prima.
Ovviamente proteste e iniziative non mancarono anche a Bitonto, dove nacque, appunto, il già citato Comitato antinucleare pugliese. Sorse a Mariotto, con lo scopo di opporsi alla realizzazione della discarica di scorie radioattive. Ad istituirlo, tre neoeletti consiglieri comunali: Gaetano De Palma (Margherita), Francesco De Palma (Democratici di Sinistra), Damiano Somma (Forza Italia), raccogliendo l’adesione della popolazione.
«È questo un segnale forte della volontà popolare che deve essere recepito dalle istituzioni a qualsiasi livello. Difatti, il Comitato antinucleare pugliese di Mariotto impegna il governo nazionale e la Regione ad accelerare i tempi per la realizzazione del Parco dell’Alta Murgia» scrisse l’associazione in una nota inviata alla stampa. Una nota in cui si esortava anche l’amministrazione comunale di Bitonto e la Provincia di Bari a bonificare il campo dei missili, per rivalutarlo dal punto di vista ambientale e agrituristico: «Il Comitato s’impegna infine a porre in essere iniziative anche di carattere giudiziario per tutelare gli interessi della comunità locale, nonché salvaguardare la salute dei cittadini, considerata bene supremo ed irrinunciabile».
Il Comitato non fu la sola associazione ad opporsi al rischio di avere nel nostro agro un sito pieno di scorie nucleari. Anche l’associazione “Murgia verde”, il cui responsabile fu Vincenzo Fiore, prese posizione contro questa evenienza.
«Si tratta di materiali altamente radioattivi che hanno tempo di decadimento dell’ordine di migliaia di anni. Parlare di bonifica è una vera e propria sfida. A questo vanno poi aggiunti i costi elevatissimi e le possibilità di successo molto scarse (fonte Primo Piano, luglio 2003, ndr)» sottolineò il docente universitario Silvio Vacca, ordinario di pedologia all’Università di Sassari e impegnato nella stessa battaglia in Sardegna, altro sito individuato per ospitare le scorie.
Per l’allora sindaco Nicola Pice, quella era «una battaglia di civiltà per la quale devono mobilitarsi tutti gli amministratori della Puglia. Non capisco perché si realizzino ospedali moderni a nord e cimiteri radioattivi a sud».
Il consiglio comunale di Bitonto ne discusse in una riunione in cui si opponeva fortemente e chiedeva che il governo nazionale si occupasse del risanamento del “campo dei missili” e, piuttosto che scegliere come discarica un sito nazionale, percorresse la strada della cooperazione internazionale per smaltire quel tipo di rifiuti. Nel documento approvato dalla massima assise cittadina si impegnava il governo regionale ad opporsi con ogni mezzo e a proteggere la vocazione turistica e agricola del territorio. Si promuoveva, inoltre, l’organizzazione di dibattiti e iniziative di concerto con i comuni vicini, attraverso una mobilitazione popolare atta a scongiurare il pericolo.
Anche negli altri comuni, ovviamente, le iniziative furono tante, come la cosiddetta “carovana antinucleare” che partì da Laterza il 2 agosto, coinvolgendo altri comuni tra Puglia e Basilicata: Ginosa, Matera, Altamura e, infine, Mariotto. L’8 novembre, inoltre, fu indetta la marcia Gravina Altamura, storico appuntamento organizzato sin da quando il campo dei missili era base Nato.
L’istituzione del Parco Nazionale dell’Alta Murgia contribuì a sventare il pericolo dato che, come volle ribadire anche l’assessore provinciale Veronico, l’area vi rientrava. Almeno per quel momento il nostro territorio fu al riparo. Quella contro le scorie nucleari sulla Murgia, infatti, fu solo la prima delle grandi battaglie per l’ambiente che ci sarebbero state negli anni successivi.