DI DAMIANO MAGGIO, SOCIOLOGO
Sempre più anziani, sempre meno giovani: ecco l’altra faccia della scarsa crescita e dinamicità dell’economia bitontina. La fotografia scattata dall’ISTAT è chiara: negli ultimi 4 anni la Città di Bitonto ha perso più del 2% della popolazione al di sotto dei 18 anni e nascono sempre meno bambini (meno 3%). Tutto questo nonostante la presenza di minori stranieri sia aumentata del 6%. Un progressivo impoverimento della popolazione giovanile che causa un malessere demografico i cui riflessi si ripercuotono in primis sulla scuola, con evidenti costi sociali. Dal lato opposto non va affatto meglio: l’ISTAT ci dice che a Bitonto vi è una maggiore presenza di persone con più di 65 anni, cresciuta negli ultimi 4 anni di ben il 10%. Stessa identica crescita la ritroviamo tra gli ultra ottantenni. Ergo: non c’è ricambio generazionale, la Città sta invecchiando, ed anche in maniera massiccia. Siamo più longevi, questo è vero, ma essere anziani implica potenzialmente essere più fragili, ed i pericoli maggiori, in questo caso, nascono dall’isolamento sociale ed in particolare nell’accesso ai servizi, che risultano fondamentali per chi è anziano. Un campanello d’allarme che più di tutti dovrebbe preoccuparci invece, è il dato sulla popolazione in età lavorativa, che negli ultimi 4 anni è diminuita dell’1% e non è neanche possibile sublimare questa grave perdita con la presenza di forza lavoro di residenti stranieri, perché anche i residenti stranieri in età lavorativa a Bitonto, sono diminuiti di oltre il 5%. Siamo di fronte ad uno spopolamento estremamente importante, quasi sicuramente dovuto dalla carenza di prospettive lavorative. Il lavoro è poco e molto spesso precario e/o sottopagato, tant’è che molte famiglie riescono ad andare avanti grazie all’aiuto (bontà loro) di congiunti che sono riusciti ad arrivare indenni alla pensione. Pochi soldi, si, ma gli unici sui quali si può contare. Nel prossimo futuro i giovani avranno una posizione sociale peggiore rispetto a quella dei propri genitori e questo non è mai successo nella storia. Una catastrofe? Può darsi, ma le soluzioni per invertire il trend non mancano: servono programmi di riqualificazione delle competenze tra gli adulti ma soprattutto per i giovani, ammortizzando così una fragilità che frena i progetti di vita e li porta a valutare con meno preoccupazione il futuro. I giovani vogliono metter su famiglia e desiderano i figli, ma hanno paura del futuro, o meglio dell’incertezza del futuro. È questo il cuore del problema su cui bisogna ragionare e trovare soluzioni, tutti insieme. Urge una inversione di tendenza della natalità con progetti di conciliazione vita-lavoro le cui ricadute potranno portare a un rafforzamento anche nel breve e medio periodo della popolazione in età attiva. Serve favorire condizioni sociali e ambientali correlate ad una buona salute come ad esempio la riduzione delle diseguaglianze socio-economiche, il potenziamento delle reti sociali di vicinanza e supporto, la creazione di spazi abitativi che facilitino l’interazione tra le generazioni, l’offerta di servizi culturali per tutti, impianti sportivi, spazi, tariffe agevolate per svolgere costantemente attività fisica a tutte le età. Elementi, questi, che rendono più attrattiva la città, più vivibile, e che al contempo possono aiutare i cittadini non solo a vivere ma ad invecchiare bene, fornendo un proprio contributo positivo a vari livelli della società, e riducendo anche i costi per i servizi sanitari. Che non è assolutamente poco. Il campanello d’allarme suona sempre più forte. La palla ovviamente passa alla politica.