DI DAMIANO MAGGIO, SOCIOLOGO
Nello spazio urbano bitontino emerge, oggi più di ieri, una crescente e insistente domanda di sicurezza proveniente dai cittadini, i quali si sentono minacciati, oltre che dalla microcriminalità, anche dal progressivo incremento di fenomeni quali il degrado urbano e la microconflittualità, tali da generare una sensazione diffusa di insicurezza. È noto a tutti che un ambiente che viene mantenuto ordinato e pulito, invia il segnale che l’area è monitorata e che il comportamento delinquenziale non viene tollerato. Viceversa, un ambiente che viene mantenuto disordinato o degradato (parcheggio selvaggio, scritte che imbrattano muri, presenza eccessiva di rifiuti per strada) invia il segnale che il territorio non è monitorato e che un comportamento incivile, o peggio, criminale ha uno scarso rischio di essere rilevato. Può sembrare un esagerazione ma è invece provato che il disordine urbano o la “semplice” inciviltà generino criminalità aggiuntiva e comportamenti anti-sociali. Pensate ad esempio ad un cestino porta rifiuti sradicato (quanti ne abbiamo visti?): è molto facile che possa generare fenomeni di emulazione, portando qualcun altro a piegare o sradicare segnali stradali o forare pneumatici di auto parcheggiate, e chissà cos’altro, dando così inizio a una spirale di degrado non solo urbano ma sociale.
“Normali” se così li vogliamo definire, atteggiamenti d’inciviltà, portano inevitabilmente al fenomeno della criminalità.
Senza andare a scomodare teorie sociologiche, esiste l’antica saggezza popolare che afferma: “l’occasione fa l’uomo ladro” che tradotto significa che in una situazione già compromessa, il potenziale vandalo è, quindi, più propenso a commettere un’infrazione, in quanto parzialmente giustificato e quasi legittimato dal fatto di non concorrere gravemente alla realtà locale, anzi, quasi ne mantiene le caratteristiche. Il decoro urbano, quindi, è il primo indicatore dello stato in cui si vive (o sopravvive) ed è il metro del potenziale trasgressore, per misurare il grado di tolleranza ammesso e l’ induzione alla sfida. L’incuria fa il barbaro, la cura invece genera civiltà e rispetto, ed ecco perché in presenza di un ambiente ordinato e pulito, diminuisce la tentazione di trasgredire. Il vandalismo prospera soprattutto dove trova terreni fertili a priori.
Cosa si può fare per combattere questi fenomeni? Sarebbe necessario limitare sin dall’inizio le piccole trasgressioni: ripulire le scritte che deteriorano la cosa pubblica, eliminare la sporcizia per strada, ma anche reprimere i piccoli reati, gli atti vandalici, il bere in pubblico, la sosta selvaggia, i piccoli furti e tutto ciò che è socialmente inaccettabile o pericoloso. Sarebbe funzionale avere una polizia di prossimità, vicina alle esigenze della cittadinanza, che non si dimostri tollerante nemmeno nei confronti di infrazioni di lieve entità, anzi. Se infatti è vero che il degrado porta a un crescente ulteriore degrado, possiamo analogamente dire che la disorganizzazione porta a nuova e sempre maggiore disorganizzazione. Se si ingenera questo circolo vizioso, si assisterà quindi a una escalation che indurrà un sentimento diffuso di disinvestimento, mancanza di coinvolgimento fino addirittura all’attuazione di vere e proprie azioni di “boicottaggio”.
In un momento storico in cui sembriamo tutti essere ossessionati da ciò che si vede, rendiamo bella la nostra città. Curiamola, non sentiamoci estranei alle brutture a cui assistiamo. Questa nuova amministrazione, tra le tante sfide cui è chiamata ad misurarsi, è fortemente tenuta ad incidere su questa questione, ma attenzione, non senza l’apporto di tutti i cittadini. Nessuno si senta escluso.